In posizione dominante sul centro di Cantù si trova la basilica prepositurale di San Paolo, eretta verso la fine dell'XI secolo.
Nei pressi della basilica si trova la Cappella della Madonnina, un antico oratorio databile all'XI secolo e che oggi adempie talvolta le funzioni di battistero della stessa chiesa di San Paolo. In origine detta chiesa di Santa Maria, la cappella è anche conosciuta come "Oratorio della Beata Vergine". Situata nei pressi dell'antica cinta muraria cittadina, la chiesetta si presenta come un edificio con facciata a capanna e abside ettagonale formato da pareti irregolari innestate su quelle che un tempo erano le mura medievali della città. Anticamente la facciata era aperta e delimitata da una grata. Internamente, l'edificio ha una struttura a pianta quadrata ed è arricchito da affreschi che vanno dal periodo tardo-bizantino a quello trecentesco, successivamente rimaneggiati nel XVI secolo. Tra di essi si ricordano la rappresentazione del borgo canturino e dei suoi monumenti principali, opera del 1514 attribuita ad Ambrogio da Vigevano e Cristoforo de Mottis, oltre a una Madonna del latte del XIV secolo. Ai lati dell'abside sono raffigurati alcuni episodi della vita di Gesù: La nascita, La circoncisione e L'adorazione dei Magi.
Elevata a parrocchiale nel XV secolo, la chiesa di San Teodoro fu costruita in stile romanico tra la fine dell'XI e il XII secolo ma molto rimaneggiata nel corso del tempo.
La facciata, modificata nel XVII secolo secondo gli stilemi barocchi, è introdotta da un portale settecentesco in legno di noce, incorniciato da arenaria grigio-gialla. Al XVIII secolo risale invece una raffigurazione del vescovo Teodoro racchiusa nel fastigio del portale.
Le navate, delimitate da pilastri rettangolari rivestiti di serizzo e chiuse da rispettive absidi, sono state anch'esse oggetto di importanti ristrutturazioni. Se infatti l'abside centrale è originale, le due laterali furono ricostruite in stile romanico agli inizi del XX secolo dopo che nel '600 erano state demolite per lasciar posto a due cappelle a pianta rettangolare progettate dell'architetto Gerolamo Quadrio. Internamente, tra la fine del '500 e gli inizi del '600 il pavimento era in laterizio con mattonelle quadrate e rettangolari, mentre le pareti erano completamente dipinte. Di queste raffigurazioni sopravvivono oggi un San Giovanni Battista, un Battesimo di Gesù e una Madonna del latte.
La copertura, che era capriate lignee con coppi a vista e che, in origine, aveva una struttura interna a cassettoni, nel periodo barocco fu dotata di una struttura a volte a vela.
I rimaneggiamenti hanno interessato anche il campanile, in origine romanico ma intensivamente ristrutturato già nel XVII secolo. La parte superiore fu ricostruita in pietra di Saltrio nel 1831, attraverso un intervento che vide l'aggiunta del dado ottagonale e della cupola a cipolla.
La chiesa conserva un prezioso Crocifisso ligneo con capelli e spine vere, proveniente dalla demolita chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, oltre alle spoglie di Sant'Innocenzo della Legione tebana.
Il Santuario della Madonna dei Miracoli fu costruito tra il 1554 e 1555 sul luogo di una presunta apparizione mariana che sarebbe avvenuto al di fuori dell'antica porta cittadina di Campo Rotondo, ove un pilastro ospitava un dipinto di una Madonna del latte. Secondo quanto tramandato dalla tradizione, nel maggio del 1543 una ragazzina dal nome Angiolina della Cascina Novello si sarebbe recata sul luogo dell'icona mariana per chiedere la cessazione di una grave carestia che affliggeva l'area del canturino. In seguito alle preghiere, la Madonna, chiamata "Santa Maria Bella", sarebbe apparsa alla giovinetta annunciando la fine della miseria e invitandola a recarsi nei campi con gli abitanti del borgo per la mieterura di un abbondante raccolto. L'effige di Santa Maria Bella, risalente a non oltre la metà del '400, è conservata al centro del dossale dell'altare maggiore della chiesa.
Esternamente, l'edificio si presenta con una facciata realizzata in cemento Portland tra il 1900 e il 1901 su disegno di Italo Zanini, secondo uno stile eclettico neoclassico-neobarocco. Al centro della parte superiore della facciata, una nicchia contenente una statua dell'Assunta rivela la dedicazione mariana della chiesa.
La parte anteriore del santuario, crollata nell'ottobre del 1837, fu ricostruita su progetto dell'architetto Giacomo Moraglia e inaugurata nel 1863.
Internamente, la chiesa presenta una struttura a tre navate, ove quella centrale si chiude nel presbiterio, mentre le due laterali sono concluse da rispettive cappelle, una dedicata a Sant'Antonio e l'altra a Santa Teresa d'Avila.
Le pareti e la cupola del presbiterio e del coro sono coperte di decorazioni effettuate negli anni 1637-1638 da Giovanni Mauro della Rovere (detto il Fiammenghino), affreschi che erano già stati auspicati dal vescovo Carlo Borromeo, durante la visita pastorale dell'ottobre 1570. Gli affreschi della cupola, che si sviluppa a partire da una pianta rettangolare di circa 7 x 8 m, riportano una scena dell’Assunzione: un porticato ad anello si apre al cielo, ove troneggia la Madonna circondata da angeli musicanti e nuvole. Una serie di re biblici,10 profeti e sibille mescolate insieme a putti festanti ornano, in maniera alternata, gli otto scomparti del porticato e gli spazi della sottostante balaustra. L'arco tra il presbiterio e il coro ospita l'altare che ospita l'effige di Santa Maria Bella, realizzato nel 1852 in stile neoclassico su disegno di Pompeo Calvi. Sulla parete sinistra del presbiterio è affrescata una Visita dei Magi, mentre su quella di destra sono dipinte Le nozze di Cana. Il coro è ricoperto da una volta ornata da stucchi disposti a crociera, al centro della quale domina una raffigurazione del Padre Creatore affacciato ad angeli musicanti.
Il santuario conserva inoltre una Incoronazione della Vergine dipinta da Camillo Procaccini (1610), nonché una Apparizione di Cristo a Santa Teresa di Charles Grandon (1714).
L'edificio, detto anche "chiesa della Trasfigurazione", fu costruito verso il 1570 su sostegno economico di Suor Letizia Alciati, dopo che nel 1505 il papa Giulio II aveva concesso alle Umiliate di Sant'Ambrogio il permesso di costruire sia la chiesa sia un monastero. Umiliate che, nei pressi della chiesa, dal XIII secolo gestivano un ospedale, dedicato a Sant'Antonio.
La chiesa si presenta come un edificio tardo-rinascimentale a pianta quadrata, sormontato da un'ampia cupola con tiburio cilindrico. Internamente, la cupola è affrescata e decorata da stucchi realizzati dai Maestri intelvesi.
Nel 1586 la chiesa venne divisa in due aree: una interna e una esterna. La parte interna, ad uso esclusivo delle monache del convento di clausura era introdotta da una esterna accessibile ai fedeli durante le funzioni religiose.
In seguito alla soppressione dell'ordine religioso da parte di Napoleone Bonaparte durante la Repubblica Cisalpina (1785), la chiesa cadde in totale declino. In un primo momento, il Monastero fu convertito in scuola militare, mentre la chiesa fu sconsacrata all’inizio del XIX secolo. Venduta all’asta nel 1818, la chiesa fu adibita, assieme al Monastero, in abitazioni e magazzini privati. A metà del XIX secolo si assistette alla demolizione sia della chiesa interna sia del campanile. Il monastero venne invece distrutto nel 1936 per dare spazio all'attuale piazza Marconi. Nella cupola della ex-chiesa, resti di oltre cento figure affrescate da Giovanni Paolo e Raffaele Recchi (1676), tra le quali spicca la sagoma di un angelo che porge lo staffile al santo titolare della chiesa.
Eretta fra il 1665 e gli anni '80 del Seicento, la chiesa di Santa Maria fu costruita nel contesto di un monastero femminile benedettino, istituito nel 1093 da Alberto da Prezzate e riedificato nel 1690.
Dal XIII secolo in poi, il convento fu frequentato da giovani appartenenti alle ricche famiglie di Cantù e alla nobiltà comasca e milanese, che con il loro sostegno economico garantirono un periodo di prosperità al monastero. Nei secoli XVII e XVIII, in particolare, la protezione delle famiglie nobiliari e il possedimento di estesi beni fondiari garantirono i proventi per la realizzazione della nuova chiesa, finalizzata a sostituire quella più antica che era già ristrutturata ai tempi dell'arcivescovo Carlo Borromeo. La chiesa, progettata dall'architetto Gerolamo Quadrio, fu infatti eretta su un preesistente edificio religioso in stile romanico, probabilmente a tre navate, databile agli inizi del Basso Medioevo. Alla morte di Gerolamo, avvenuta nel 1679, la direzione dei lavori passò al figlio Giovanni Battista Quadrio, autore del un portale in pietra che, all'interno della facciata in mattoni rimasta incompiuta, è sovrastato da una conchiglia dalla quale si diramano due ghirlande. La pianta ottagonale è caratterizzata dall'alternarsi di pareti dritte e curvilinee, che con il presbiterio, il vano di ingresso e i due altari laterali, creano la forma di una croce. La chiesa è impostata su una pianta centrale ottagonale realizzata attraverso l'alternanza di pareti dritte e curvilinee che, in combinazione con il presbiterio, l'ingresso e i due altari laterali, vanno a formare una croce. Un'imponente cupola sormontata da un tiburio conclude l'edificio.
All'interno della chiesa, otto colonne isolate sostengono il tiburio cilindrico e delimitano gli spazi della cappella maggiore e ai due altari laterali che un tempo erano dedicati alla Vergine deipara (quello verso oriente) e a san Benedetto (quello verso occidente). La chiesa ospita una grande pala d'altare realizzata da Grazio Cossali (1596), proveniente dalla distrutta chiesa domenicana di San Giovanni in Pedemonte di Como e raffigurante la Vergine con il Bambino e i Santi Giacinto, il vescovo di Como Adalberto, due frati domenicani e due offerenti. L'opera è incorniciata da diciotto episodi della vita del domenicano Giacinto Odrovaz, alla cui canonizzazione del 1594 e alla traslazione delle reliquie del vescovo comasco Adalberto in San Giovanni in Pedemonte nel 1590 si deve l'esecuzione della pala. Come attestato dalla data riportata sulla parete anteriore del tamburo, nel 1680 i lavori di costruzione della chiesa erano già a buon punto. Tre iscrizioni ricordano il trasferimento, nel 1690, delle ossa della priora Agnese "de Burgundi", colei che per prima fu scelta da Alberto da Prezzate come priora del monastero e, allo stesso tempo, colei alla quale la tradizione attribuisce l'introduzione, a Cantù, di quel merletto che dalla città prende il nome.
Sul finire del Settecento, la soppressione degli ordini religiosi decretata da Napoleone Bonaparte con effetto anche sulla Repubblica Cisalpina comportò tuttavia la fine del convento (1798). Il monastero, comprensivo di un chiostro principale più antico e di un altro aggiunto in seguito alla costruzione della chiesa stessa fu infatti trasformato in una caserma. La chiesa rimase chiusa al culto fino al 1839, cosicché buona parte gli arredi andò perduta. Dopo esser stato acquistato dal Comune agl'inizi del XX secolo, l'ex-monastero divenne dapprima una scuola e in seguito, agli inizi del III millennio, fu convertito nella sede del Municipio.
La chiesa di Sant'Antonio abate fu realizzata a partire dalla fine del XII secolo in stile romanico-gotico al di fuori della cinta muraria della città medievale, lungo la strada che conduce a Como. A sinistra della chiesa si trovava un campanile romanico. Affiancato sul lato sud della chiesa si trovava un hospitale per gli ammalati e i pellegrini, utilizzato durante una grande pestilenza che nel 1631 afflisse il borgo canturino. L'hospitale, dotato di struttura a corte, fu gestito in un primo tempo da monache agostiniane e, in un secondo tempo, da canonici di Sant'Antonio di Vienne (XV secolo).
La chiesa si presenta con una facciata a capanna, dotata un portale delimitato da due archi, dei quali uno a sesto acuto e l'altro, ad esso sottoposto. a tutto sesto, Sopra al portone si staglia un rosone con cornice in cotto. Edificio a singola navata, la chiesa ha una struttura con capriate a vista e abside poligonale scandita da lesene gotiche. In passato le pareti interne completamente coperte da affreschi di diverse epoche, dal mondo bizantino alla pittura lombarda del '300. Di questi affreschi sopravvivono ancora una Madonna del latte, una Madonna in trono con Bambino e Santa Caterina d'Alessandria e un'Annunciazione. Nella chiesa è inoltre conservata una grande statua Trecentesca in arenaria dedicata a Sant'Antonio Abate.
Al XIII secolo risale la costruzione di quella che era la chiesa di San Francesco, a cui un tempo era annesso un convento di francescani giunti a Cantù nel 1289, soppresso nel 1777. Della struttura della vecchia chiesa, oggi adibita ad area espositiva, è ancora visibile la facciata gotica, inglobata in un edificio privato. La chiesetta viene chiamata anche "Cappella Carcano" per via del fatto che, nella seconda metà del XV secolo, il podestà di Cantù Tristano Carcano la adibì a tomba di famiglia prima di morire nel 1479. L'altare della chiesa ospitava un trittico realizzato dall'artista bergamasco Bernardino Zenale sul tema dell'Immacolata Concezione, opera che fu tagliata in tre parti e venduta a diversi collezionisti. I pezzi del trittico sono custoditi a Milano nei musei Bagatti Valsecchi e Poldi Pezzoli, e a Malibù al Paul J. Getty Museum.
Il castello di Pietrasanta deve il suo nome e la sua costruzione alla famiglia dei conti che, nel 1475, ottenne l'affidamento della cittadina come feudo. Il castello fu edificato in posizione dominante sul colle di Cantù, a pochi passi dalla basilica di San Paolo. Lo stesso campanile della chiesa costituiva, nella sua parte inferiore, una torre del castello. Distrutto nel 1527 da Gian Giacomo Medici, il castello venne ricostruito come edificio residenziale. Nonostante al suo interno conservi alcuni affreschi realizzati da Andrea Appiani, l'edificio versa oggi in condizioni di degrado.
La Porta Ferraia, detta anche Porta della Ferraria, deve il suo nome alla vicina Contrada della Ferraia, che un tempo ospitava botteghe in cui il ferro veniva lavorato per produrre chiodi e attrezzi agricoli. La costruzione è una porta perimetrale della cinta muraria medievale che venne costruita in seguito alla proclamazione dell’indipendenza di Cantù dal dominio visconteo di Milano, nel 1324. La realizzazione della porta, detta anche "degli Archinti", si deve alla famiglia di Gaspare Grassi, che nello stesso periodo dotò la città di una cinta muraria lunga circa 1 miglio e di ben 35 torri. La porta aveva la funzione di sorveglianza della vallata in direzione di Galliano.
Da un punto di vista architettonico, la struttura presenta con un arco di granito e una torre trapezoidale irregolare di sette metri d'altezza, costruita in laterizi e ciottoli di fiume e laterizi.
Voto alla città:6
Anno della foto:2019
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