Ixelles (Belgio)

 


Ixelles è un comune belga di 78 088 abitanti, situato nella regione di Bruxelles-Capitale.

Nota per la sua popolazione molto diversificata, la sua offerta culturale e i suoi numerosi negozi. La presenza del Parlamento europeo e dei campus dell'Université Libre de Bruxelles e della Vrije Universiteit Brussel ne fanno una città molto frequentata dai giovani e dagli espatriati.

Enrico I di Brabante e sua moglie Mathilde fondarono il convento La Cambre alla fonte del Maelbeek nell'attuale Ixelles, che prosperò ma soffrì molto anche nel corso dei secoli. La santa Alice di Schaerbeek (* 1225) fu una suora a La Cambre dal 1232 fino alla sua morte nel 1249. San Bonifacio di Losanna morì lì nel 1261. Nel corso dell'avanzata della Rivoluzione francese, il monastero fu chiuso nel 1796, ma sfuggì al completo smantellamento. La chiesa gotica del XIV secolo, il chiostro e la casa delle fontane del XVI e XVII secolo sono state conservate. Gli edifici ospitano un monastero premostratense (dal 2013) e l'Università di arte, design e architettura di La Cambre (École nationale supérieure des arts visuels). Attualmente un birrificio vende la birra "Abbaye de/Abdij van La Cambre" e promuove l'immagine del fondatore del monastero. Lo scrittore Marc Meganck ha fatto dell'abbazia la scena di un romanzo poliziesco: Les dessous de la Cambre (180° Editions, Bruxelles 2012).

Piazza Flagey (in francese Place Flagey), grande piazza adiacente ai resti dell'Abbazia di la Cambre, e il cuore storico del comune di Bruxelles di Ixelles, prende il nome dall'avvocato, sindaco e rappresentante del popolo di Bruxelles Eugène Flagey. Il nome della piazza era ed è talvolta usato per indicare la Maison de la Radio che è stata costruita lì tra il 1934 e il 1939 sul lato sud della piazza.

La piazza è adiacente ai restanti stagni di Ixelles, ed è stata costruita su un bacino riempito nel 1860 dai suddetti stagni. Place Eugène Flagey è un nodo di molti assi di traffico di Bruxelles e anche un nodo per il trasporto pubblico di Bruxelles.

L'area che circonda la piazza era già abitata nel XIII secolo. La frazione di Lower Ixelles che sorse qui resistette molto più a lungo contro l'ondata di francesizzazione e urbanizzazione con cui l'Alta Ixelles dovette confrontarsi molto prima.

Oltre all'edificio di trasmissione sul lato sud, c'è anche un sito storico sul lato nord. Il primo supermercato con una piena autonomia del Belgio, un Delhaize , ha aperto qui il 18 dicembre 1957 e ha fino ad oggi situato anche qui.

Sotto la piazza, nel corso di una ristrutturazione che si è svolta dal 2002 al 2008, è stata realizzata una grande vasca antiallagamento e un parcheggio interrato da 186 posti. Il bacino è una necessità data la sua posizione nella valle del Maalbeek e l'alta falda freatica della zona. Nel 2008 il parcheggio soffriva ancora di difetti di costruzione e problemi di infiltrazioni d'acqua ma è stato finalmente inaugurato il 15 novembre 2010.

Gli Stagni di Ixelles (Étangs d'Ixelles), vicini a Piazza Flagey, la piazza più estesa di Bruxelles, sono le vestigia di quattro stagni naturali formati dal corso del Maelbeek, un modesto ruscello che scorreva a sud di Bruxelles, oggi canalizzato in un acquedotto. Gli stagni insieme, con l'abbazia della Cambre, rappresentavano uno dei luoghi più affascinanti dell'agglomerato di Bruxelles ed erano una passeggiata incantevole e pittoresca. Oggi, pur mantenendo parte del fascino originale, la pianta generale del quartiere ha subito varie modifiche che hanno cancellato rapidamente il ricordo del vecchio villaggio campestre, permettendo alla borghesia dell'epoca di costruire nei dintorni degli stagni e nelle nuove vie adiacenti numerose case signorili di stile ecletticoliberty e decò, che costituiscono oggi un importante patrimonio.

Il Flagey, l'antica Maison de la Radio è stato creato nel 1930 sotto il nome di Istituto Nazionale Belga di Radiodiffusione (Institut National Belge de Radiodiffusion), e si trova nella piazza omonima, allocato in un complesso in stile decò concepito da Joseph Diongre (1878-1963).

L'edificio possiede degli angoli smussati che mascherano il volume massiccio di questa costruzione in mattoni giallo-ocra e granito (pierre bleu). L'orizzontalità è sottolineata dalle vetrate a nastro e dalla tettoia a sbalzo lungo tutto il piano terra.

L'opera è paragonata ad un transatlantico con i suoi ponti ed i suoi lunghi corridoi. All'interno è stato convervato il mobilio originale in stile Art Déco. L'idea alla base di questo edificio ha ricevuto il primo premio del concorso organizzato per la costruzione della Maison de la Radio. Il cantiere è durato dal 1935 al 1938, ed allora era una delle prime case della radio (maisons de la radio) in Europa. Sopra un suolo cedevole a causa di una falda freatica, si è dovuto installare un sistema di pompaggio permanente. Il palazzo è costruito su una piastra di cemento e fogli di rame. Dopo la fine dei lavori nel 1938, l'INR iniziò a trasmettere regolarmente dalle 06:45 alle 24:00.

L'edificio comprende 12 studi di registrazione di pianta trapezoidale fra cui il celebre Studio 4 con un organo da 8000 canne. I locali sono climatizzati e serviti da 13 ascensori, inoltre sono dotati delle più moderne strumentazioni radiofoniche. La torre d'angolo serve a proteggere il ripetitore televisivo. L'isolamento acustico è ottimale.

Rinnovato ed inaugurato nel settembre 2002 col nome di Flagey, ha ritrovato la sua funzione originaria con la creazione di uno spazio musicale con studi di registrazione, sale per concerti e cinema, diventando un luogo con una programmazione eclettica.

Il Museo Costantin Meunier è casa-studio dell'artista, pittore, scultore e disegnatore belga Constantin Meunier (1831-1905), che fece costruire la sua dimora verso la fine della sua vita. Ospitando una vasta collezione di oltre 700 opere, la casa fu acquistata dallo stato belga nel 1936 e aperta al pubblico nel 1939. Annesso ai Musei reali di belle arti del Belgio, e successivamente ristrutturato, dal 1986 presenta una selezione di circa 150 opere e documenti.

Gli oggetti in mostra ripercorrono più specificatamente l'evoluzione del maestro tra il 1875 ed il 1905, questa "seconda vita" nelle sue stesse parole, durante la quale il suo talento realista si è concentrato maggiormente sugli aspetti sociali e industriali del Belgio, prima attraverso la pittura e il disegno e poi, dal 1885 in poi, con il ritorno alla scultura per diventare uno dei più grandi artisti del genere. Dipinti come The Broken Pot fanno eco a sculture importanti come The Hammerer, un intero popolo di gesso e bronzo che ha segnato profondamente la sua giornata e ha continuato a influenzare l'arte realista fino ai primi decenni del XX secolo.

Il Parco Tenbosch nasce alla fine del XIX secolo dall'idea del dendrologo Jean-Louis Semet, e del suo capo giardiniere Hector Noyer, che intedevano creare un arboreto di alberi rari a Bruxelles. A tal fine, raccolsero alberi e cespugli notevoli, a volte unici a Bruxelles od in Belgio, come il Plaqueminier italiano che proviene dall'Asia ed è imparentato con l'Ebano, i cui frutti commestibili sono chiamati kakis, nel sito dei frutteti e degli orti del vecchio fortificato fattoria di Tenbosch - un vero giardino botanico privato che è diventato un parco pubblico nel 1981.


Voto alla città:7
Anno della foto:2023

Otopeni (Romania)

 


Otopeni è una città della Romania di 21 750 abitanti, ubicata nel distretto di Ilfov, nella regione storica della Muntenia. Fa parte dell'area amministrativa anche la località di Odăile.

La città è sede dell'Aeroporto Internazionale Henri Coandă, il più importante dei due che servono Bucarest.

La città ospita il Museo dell'Aviazione e il Centro culturale "Ion Manu".

L'area di Otopeni è stata abitata fin dall'antichità: durante gli scavi per la realizzazione dell'aeroporto vennero scoperte tracce di insediamenti umani su due livelli: quello inferiore risalente all'Età del ferro, quello superiore attorno al X secolo.

La presenza dell'aeroporto ha trainato in maniera rilevante lo sviluppo di Otopeni, prima creando posti di lavoro e traffico commerciale e poi, dopo la caduta del regime comunista, con l'apertura del Paese alle iniziative imprenditoriali straniere, molte grandi aziende internazionali hanno costruito qui le proprie sedi, proprio grazie alla vicinanza dell'aeroporto stesso.
Grazie a queste presenze internazionali, oggi Otopeni è la città con il più alto reddito pro capite di tutta la Romania.


Voto alla città:7
Anno della foto:2023

Bucarest (Romania)

 


Bucarest, soprannominata Parigi dell'est, è la capitale e la città più popolosa della Romania ed è la quarta più popolosa dell'Unione europea. Posta nel sud del Paese, sul fiume Dâmbovița, è il maggiore centro industriale e commerciale del paese. Il territorio della città è interamente circondato dal distretto di Ilfov, pur non facendone parte (risulta però come zona hinterland, causa vicinanza e urbanizzazione continua tra strade e metropolitana, e futura integrazione comunale, con 2000 km quadrati di territorio e 2 milioni e 400 mila abitanti circa, il che la rende anche la decima città per territorio in Europa), in quanto il municipio è l'unico della Romania a fare distretto di per sé.

Secondo le stime, Bucarest arriva durante il giorno a quattro milioni di persone, perché si aggiungono gli abitanti delle località intorno alla città e viandanti turistici o lavoratori, che fanno parte della futura area metropolitana, e hanno una popolazione di circa 600 000 persone.

La prima menzione della località appare nel 1459. Nel 1862 divenne la capitale dei Principati Uniti; da allora ha subito cambiamenti continui, diventando il centro della scena artistica, culturale e mediatica rumena. L'architettura elegante e l'atmosfera urbana le portarono durante la Belle Époque il soprannome di "Piccola Parigi", anche se diversi edifici e quartieri del centro storico furono danneggiati o interamente distrutti dalla guerra, dai terremoti e dal programma di sistemazione di Nicolae Ceaușescu. Negli ultimi anni, la città ha vissuto un boom economico e culturale.

Secondo i dati preliminari del censimento del 2011, 1 677 985 abitanti vivono entro i limiti della città, inferiore alla cifra registrata nel censimento del 2004. L'area urbana si estende oltre Bucarest con una popolazione di 1,93 milioni di persone; con l'aggiunta delle città-satellite, l'area metropolitana di Bucarest raggiunge una popolazione di circa 2,2 milioni di persone Secondo Eurostat, Bucarest ha un'area urbana più grande di 2 151 880 residenti.

Da un punto di vista economico, Bucarest è la città più prospera della Romania ed è uno dei principali centri industriali e nodi di trasporto nell'Europa orientale. La città dispone di strutture per convegni, istituti scolastici, aree culturali, centri commerciali e aree ricreative.

La città, avente lo stesso livello amministrativo dei distretti, è suddivisa in sei settori e amministrata dal municipio di Bucarest.

La città è ricca di edifici storici religiosi e civili e di molti monumenti riguardante la storia della Romania oltre ad avere molti musei, teatri, biblioteche e parchi.


Voto alla città:8
Anno della foto:2023

Bran (Romania)

 


Bran è un comune della Romania di 5.334 abitanti, ubicato nel distretto di Brașov, nella regione storica della Transilvania, sub regione del Burzenland.

Il comune è formato dall'unione di cinque villaggi: Bran, Poarta, Predeluț, Șimon, Sohodol.

Cavalieri Teutonici iniziarono a costruire il Castello di Bran, all'epoca una fortificazione in legno, ai primi del XIII secolo. Dopo la distruzione della costruzione ad opera dei Mongoli nel 1242, il Re Luigi I d'Ungheria ordinò la costruzione di un castello in muratura nel 1377, affidandolo agli abitanti di Brasov. Nel XV secolo, grazie alla coalizione contro i Turchi, il castello passò sotto il controllo del voivoda valacco Mircea il Vecchio alla cui famiglia rimase fino al 1396, quando passò sotto il controllo del principe di Transilvania Giovanni Huniady. Cent'anni dopo ritornò sotto il controllo di Brasov e vi rimase fino alla soppressione dei diritti feudali nel 1848. Dal 1920 all'abdicazione del re Michele I di Romania nel 1947, fu la residenza estiva della casa regnante. Nel corso dei secoli attorno al maniero si sviluppò il villaggio di Bran. Il castello si trova sulla vetta di un ripido colle e domina un passaggio commerciale e strategico tra la Transilvania e la Valacchia. Fino alla metà del XIX secolo esisteva una dogana dove i mercanti dovevano pagare una tassa pari al 3% del valore della loro merce.
Non è certo che il Castello di Bran abbia ispirato il castello di Dracula del romanzo di Bram Stoker, ma è l'unico castello della Romania il cui aspetto ricorda quello descritto dallo scrittore irlandese. Tra i castelli storicamente appartenuti al voivoda (principeVlad III di Valacchia c'è l'ormai distrutta Fortezza di Poenari.

La visita all'interno della fortezza porta a camminare per angusti corridoi, sale e ballatoi che con i loro antichi arredi sono testimoni dei tempi remoti in cui esso era ancora abitato. Al castello si accede dalla torre quadrata del XVII secolo dove era il corpo di guardia e da cui si accede al piano terra con i locali di servizio. Si passa al primo piano dove sono gli alloggi della Regina Maria di Sassonia e da sua figlia Ileana. La regina arredò le stanze raccogliendo mobili e corredi da ogni parte d’Europa mescolando gli stili del tempo. Una scala segreta conduce al terzo piano nella libreria e sala della musica, per la quale la regina aveva un amore profondo. Da cui si accede ad un loggiato che offre una bella vista sul cortile e si sale al quarto e ultimo piano, dove si trovano le stanze del principe Nicolae. Si scende quindi al secondo piano, dedicato agli appartamenti di re Ferdinando I di Romania. Le sale hanno un aspetto più austero e lussuoso come la camera con letto del settecento piemontese e la sala da pranzo neobarocca una grande stufa rivestita di maioliche di Corund. Ritornati al cortile si vede il pozzo, ricavato da un capitello fiorentino del XIX secolo, e si accede alla cappella del principe Mircea, morto di tifo a 3 anni e qui sepolto.

Nel villaggio che si estende lungo la rive del fiume Turcu, sorgono alcune chiese ortodosse come la chiesa dell'Assunta, costruita fra il 1820 e il 1836, la chiesa della Trasfigurazione(1715) con bei dipinti sulla facciata ed i muri laterali, ma soprattutto la cappella della regina Maria. La regina Maria di Sassonia amava passare le vacanze nella residenza reale di Balčik, località sul Mar Nero un tempo in territorio Rumeno, tanto da desiderare che il suo cuore fosse ivi posto nella cappella Stella Maris. Quando nel 1940 Balcik passò alla Bulgaria, la principessa Ileana recuperò l'urna d'argento con il cuore della madre e lo portò a Bran dove sarebbe stato custodito in una copia esatta della chiesetta. Costruita nel 1947, la cappella custodì l'urna fino al 1968 quando fu prima trasferita nel castello e tre anni più tardi nel Museo Nazionale di Storia della Romania a Bucarest. La cappella fu dipinta dall'affermato pittore rumeno Arthur Verona.

Nell'abitato di Simon è interessante la Chiesa della Pia Paraschiva costruita nel 1793 dagli abitanti del villaggio con l'aiuto sei pastori Mocani (comunità pastorale della pianura di Baragan). La chiesa ha una sola navata sulla quale si innalza la torre ottagonale; è preceduta da un vestibolo, inizialmente a portico e successivamente richiuso, sul quale ci sono interessanti affreschi eseguiti nel 1821 dai pittori che si firmano Nicolae e Joan raffiguranti la Madonna fra gli arcangeli Michele e Gabriele, ed altri santi. Molto interessanti le croci del vicino cimitero.
Sulla collina di Balaban nel 2006 è stato costruito il monastero dei Dodici Santi Apostoli.
Dalla parte alta del villaggio partono numerosi sentieri che portano al picco Omu che con i suoi 2514 metri è la vetta più alta dei monti Bucegi.


Voto alla città:8
Anno della foto:2023

Paulesti (Romania)

 


Păuleşti è un comune della Romania di 5.233 abitanti, ubicato nel distretto di Prahova, uno dei 41 distretti della Romania, ubicato nella regione storica della Muntenia, regione storico-geografica dell'Europa Centrale e della Romania.

Il comune è formato dall'unione di 4 villaggi: Cocoșești, Găgeni, Păulești, Păuleștii Noi. Il centro abitato è attraversato dal 45º parallelo, la linea equidistante fra il Polo nord e l'Equatore.


Voto alla città:5
Anno della foto:2023

Sesta Godano (Italia)

 


Sesta Godano è un comune italiano di 1 260 abitanti della provincia della Spezia in Liguria.
Oltre che per l'aspetto naturalistico il comune di Sesta Godano è conosciuto per le sue architetture religiose e civili sparse in tutto il territorio.

Il territorio del comune di Sesta Godano si trova sul confine nord orientale della provincia, nel medio bacino del fiume Vara, lungo la riva destra del torrente Gottero. È costituito prevalentemente da zone montane e pedemontane, solcate da vallate che confluiscono nella valle principale attraversate a loro volta da torrenti minori come il Durla, il Ruschia, il Labora e il Mangia, i quali nascono principalmente alle pendici del monte Gottero (1639 metri), il monte più alto della provincia. Il territorio fa parte del Parco naturale regionale di Montemarcello-Magra-Vara.


Voto alla città:5
Anno della foto:2022

Brasov (Romania)

 


Brașov è un municipio della Romania di 237 589 abitanti, capoluogo dell'omonimo distretto. Nel 2007 è stata istituita la zona metropolitana di Brașov che comprende oltre alla città anche 12 comuni limitrofi.
Poiché la regione di Brașov è prevalentemente montuosa, i turisti che vengono a Brașov possono praticare tutte le attività sportive invernali.

La città di Brașov è sede di un importante nodo ferroviario caratterizzato dal 1965 dalle prime sperimentazioni per la Romania di elettrificazione. Nel 2004 è iniziata la costruzione dell'autostrada A3 Bucarest-Budapest.

Un caso a parte è quello dei collegamenti aerei: la IAR Brașov disponeva di un proprio aeroporto che però, con la riconversione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, venne distrutto e sull'area venne costruita la stazione ferroviaria, al centro della quale rimane la vecchia torre di controllo, unica parte non distrutta all'epoca. Un nuovo aeroporto internazionale è stato ostruito nella vicina Ghimbav, con una pista di 2800 m ed un terminal studiato per 1 milione di passeggeri all'anno; l'apertura, inizialmente prevista per il luglio 2007, è avvenuta il 15 giugno 2023.


Voto alla città:7
Anno della foto:2023

Sinaia (Romania)

 


Sinaia è una città della Romania di 11 935 abitanti, ubicata nel distretto di Prahova, nella regione storica della Muntenia.

Sinaia è una delle più belle località montane della Romania, notevole anche per l'architettura pittoresca. La città prende il nome dal Monastero di Sinaia, intorno al quale fu costruita; il monastero prende a sua volta il nome dal Monte Sinai. Re Carlo I di Romania costruì presso la città la sua dimora estiva, il Castello di Peleș.

Sinaia sorge a circa 60 km a nord-ovest di Ploiești e a 50 km a sud di Brașov, in un'area montagnosa nella valle del fiume Prahova, subito ad est dei Monti Bucegi. L'altitudine varia da 767 a 1055 m s.l.m.

La città è una popolare meta turistica per gli sport invernali e per le escursioni. Tra le attrazioni turistiche vi è il Castello di Peleș, quello di Pelișor, il Monastero di Sinaia, il Casinò e la stazione ferroviaria. Sinaia è anche stata la residenza estiva del grande compositore rumeno George Enescu, che soggiornava alla villa Luminiș.


Voto alla città:7
Anno della foto:2023

Venafro (Italia)

 


Venafro è un comune italiano di 10 811 abitanti della provincia di Isernia in Molise.

Ha origini molto antiche, risalenti al popolo italico dei Sanniti, dove nel III secolo a.C. combatterono aspramente contro Roma durante le guerre sannitiche. Nell'89 a.C. Venafrum fu teatro di uno scontro decisivo contro Roma dove guerreggiò il gruppo dei popoli della "Lega italica", nella cosiddetta "Guerra sociale". Nel Medioevo, fu invasa dai Longobardi, e divenne dal VI secolo sede di una diocesi, nonché importante centro di passaggio da Molise e Abruzzo per Napoli. Dal XV secolo fu di proprietà della famiglia Pandone, che contribuì alla ripresa economica del centro. Nel 1860 ospitò Vittorio Emanuele II in viaggio per l'incontro con Giuseppe Garibaldi.

Il centro storico si presenta sotto aspetto di borgo fortificato lungo la scarpata della montagna, distante dall'antico centro romano, identificato nella zona dell'anfiteatro. Il punto più alto del borgo è il Castello Pandone, mentre la Cattedrale, seguendo lo schema delle antiche città normanno-longobarde, si trova fuori le mura. L'assetto urbanistico è molto preciso, scandito da cardo e decumano, e risente dell'influsso architettonico del barocco napoletano. Presso il centro si trovano altri due monumenti importanti: il cimitero militare francese di guerra, e il convento di San Nicandro, divenuto santuario già ai tempi della visita di Padre Pio nei primi anni del '900, necessitando di cure mediche per le sue malattie.

Venafro nel corso del tempo ha subito sostanziali modifiche nel suo assetto urbanistico: il centro storico è adagiato alle pendici del monte Santa Croce racchiuso nelle antiche mura medievali. Dagli anni sessanta, in seguito ad un costante e moderato incremento demografico, c'è stato lo sviluppo di nuove zone urbane. In particolar modo negli ultimi anni si stanno urbanizzando le zone tra Venafro e Pozzilli e lungo il Rava.

Il centro storico è stato costruito sulla preesistente struttura urbana romana. Ai piani superiori degli edifici si trovano le abitazioni, mentre i locali del piano inferiore sono adibiti a botteghe, come è visibile soprattutto nella via per dentro (via Plebiscito). In particolare è possibile identificare il nucleo longobardo nell'area nei pressi del Castello e l'area medioevale e rinascimentale che ricalca le antiche strade romane.

Lungo il perimetro del centro storico è possibile individuare il tracciato murario e le varie porte di accesso alla città. Al di fuori delle mura si ritrovano le sorgenti dalle quali attingere l'acqua.

Il consistente numero di chiese sul territorio venafrano ha dato a Venafro l'appellativo di città delle 33 chiese». Si tratta di molte chiese di dimensioni ed epoche varie che sorgono nel centro storico e nella zona pedemontana. Purtroppo molti luoghi di culto oggi sono chiusi al culto e abbandonati.

Il massimo tempio della città è situato ai piedi del Parco Oraziano. Attualmente è concattedrale della diocesi di Isernia-Venafro. Risalente al V secolo, fu costruita sotto il vescovo Costantino sul luogo in cui già da secoli si trovava un tempio pagano con materiali prelevati da altri monumenti di epoche precedenti (elementi romani e decorazioni cristiane, come il bassorilievo del vescovo Pietro di Ravenna: un rilievo che, per il suo aspetto inconsueto, viene chiamato dagli abitanti "Marzo Settecappotti"). L'interno è a tre navate decorate da opere pittoriche del XIV secolo. Dalla navata laterale destra è possibile accedere alle quattro cappelle laterali. L'attuale aspetto è dovuto a lavori di restauro risalenti agli anni sessanta-settanta che hanno privato la concattedrale delle antiche forme barocche, riportando il luogo sacro all'aspetto gotico-medievale precedente. Sul finire del Seicento fu costruito il cosiddetto "cappellone", una cappella in cui amministrare i sacramenti. La chiesa è dotata di 5 portali, il portale alla destra di quello principale è porta santa fin dal 1500 almeno. La precede una grande piazza, considerata l'inizio dell'antica cinta muraria cittadina.

Un palazzo molto particolare è la Palazzina Liberty edificata agli inizi del XX secolo su un preesistente mulino denominato "Mulino della Corte" e oggi adibita a centro polifunzionale per manifestazioni culturali.

Venafro possiede diversi siti archeologici di epoca romana come l'anfiteatro romano collocato nel centro moderno di Venafro; nonostante nel tempo abbia subito delle sovrapposizioni medievali e seicentesche, rimane visibile la pianta ellittica. L'ellisse aveva il diametro maggiore di 110 metri e quello minore di 85. Si ritiene che le gradinate potessero contenere fino a 15.000 spettatori. Fino a qualche tempo fa, prima che diventasse proprietà statale, in questa struttura erano ospitate le stalle e i depositi di attrezzi agricoli. Questo monumento, unico in Italia insieme al "Parlascio" di Lucca, oggi è in fase di restauro dopo un periodo di relativo abbandono. Un tempo nei giorni della festività patronale si svolgeva una divertente e caratteristica "corsa dei ciucci" e altri giochi popolari. Un interessante restauro sta riportando all'antico splendore questo luogo suggestivo e particolare sito in pieno centro urbano. Sembra che la struttura debba il suo nome, similmente a quanto accade per numerosi altri anfiteatri di città d'Italia come ad esempio a Firenze, dal latino perilasium, che a sua volta viene dal greco perielasis ("girare intorno").

Nei pressi del centro storico sono visibili tracce di un acquedotto romano, della cinta di mura, con una fase di epoca sannitica risalente al IV secolo a.C. ed una in opera poligonale del I secolo a.C., di mura sannitiche. Sempre di origine romana è la "Torricella", una struttura fortificata situata sulla montagna recentemente restaurata e riportata all'antico splendore. Tra gli altri monumenti vi sono anche la cosiddetta "Torre del mercato" ("palazzo Caracciolo"), struttura difensiva di origine medievale con i suoi possenti merli, a difesa di quella che un tempo corrispondeva alla porta orientale di Venafro, e l'acquedotto romano di Venafro sito anche nel territorio comunale di Pozzilli e Montaquila, che riforniva la città dell'acqua proveniente dalle sorgenti del Volturno. Nell'area della Concattedrale sono stati scoperti numerosi resti di ville romane.

Situato ai limiti nord-occidentali della Venafro romana, il Castello Pandone trae origine da una fortificazione megalitica trasformata successivamente nel mastio quadrato longobardo. Tale trasformazione avvenne quando il conte Paldefrido vi pose la sua sede X secolo. Nel XIV secolo, al mastio quadrato, furono aggiunte tre torri circolari e la braga merlata. Fu trasformato completamente nel XV secolo dai Pandone, signori di Venafro; era difeso su tre lati da un grande fossato alla cui realizzazione fu coinvolta l'intera popolazione. Il fossato non venne mai del tutto completato per via di una rivolta popolare che reclamava le cattive condizioni in cui era costretta a lavorare. Al castello si accedeva attraverso un ponte levatoio ad ovest e una postierla ad est. Postierla che permetteva l'accesso di un cavaliere alla volta e pertanto poteva essere controllata da una sola guardia. Enrico Pandone lo trasformò in residenza rinascimentale aggiungendovi un giardino all'italiana, un arioso loggiato e facendolo affrescare con le immagini dei suoi poderosi cavalli. I cavalli per il conte rappresentavano la sua attività principale. Ancora oggi i ritratti di cavalli in grandezza naturale, in numero di ventisei e realizzati in leggero rilievo, decorano tutto il piano nobile e costituiscono un'esclusiva per il castello di Venafro. Nella sala dei cavalli da guerra primeggia la sagoma del cavallo San Giorgio, donato da Enrico a Carlo V. Enrico rimase sempre devoto a Carlo V fino alla discesa di Lotrec dalla Francia. Carlo V ebbe la meglio sul francese e il tradimento costò ad Enrico la decapitazione in Napoli. Al di sotto del piano di ronda un camminamento con feritoie permetteva il controllo del maniero dal piano del fossato. Il camminamento è interamente percorribile. Nel XVII secolo il Castello, dopo essere stato della famiglia vicereale dei Lannoy, passò ai Peretti-Savelli, familiari di Sisto V, e nel secolo successivo alla potente famiglia dei di Capua. Giovanni di Capua lo trasformò nella sua residenza in vista del matrimonio che avrebbe dovuto contrarre con Maria Vittoria Piccolomini, agli inizi del Settecento. Grandi lavori furono intrapresi tra cui la rimozione di gran parte dei cavalli fatti realizzare da Enrico Pandone. Matrimonio che rimase un sogno per l'immatura scomparsa di Giovanni. Lo stato avanzato dei preparativi per tale evento aveva portato a concretizzarlo nel grande stemma, che è ancora nel salone, dove l'unione dei blasoni delle due casate ricorda un avvenimento che non è mai accaduto. Dopo anni di lavori di restauro, che come tutti gli interventi ha momenti felici e meno felici, il Castello di Venafro ospita convegni e mostre e può essere visitato ogni giorno. Dal 2013 il Castello è sede del Museo nazionale del Molise, con una ricca Pinacoteca di testimonianze artistiche molisane, confrontate con altre di proprietà statale, provenienti dai depositi dei Musei di Capodimonte e San Martino di Napoli, della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma e del Palazzo Reale di Caserta.

Uscendo dalla città lungo la Strada statale 85 Venafrana direzione Isernia, su un'estesa zona pianeggiante (76.000 m²) si trova il cimitero di guerra francese (Cimetière Militaire Français de Venafro), nel quale sono poste circa 6000 tombe di soldati del Corps expéditionnaire français en Italie (ma molte sono state esumate), di cui circa due terzi di origine marocchinaalgerina e tunisina, oltre ad altri provenienti da altre regioni africane (senegalesi?), caduti in gran parte durante la battaglia di Cassino (nov.1943-mag.1944) e nell'aggiramento di Montecassino. Qui sono state traslate le sepolture di Miano. Per essi è stato eretto un monumento che richiama esplicitamente i minareti nord-africani, decorato con piastrelle di ceramica azzurre, che risaltano sul bianco calce delle mura, e con alcune iscrizioni. Al suo interno vi sono alcune tombe, di cui una al milite ignoto musulmano, e tre dedicate a militi con nome, uno Tunisino, uno Algerino, uno Marocchino. Tutte le tombe sono disposte sull'asse Nord-Est Sud-Ovest, con le lapidi rivolte a Nord-Est, ad eccezione di alcune tombe, poste dietro il minareto, di soldati ebrei (riconoscibili dalla stella a sei punte sulla lapide) e animisti (che sulla lapide hanno un "agnostico" sole stilizzato). Questa disposizione delle tombe suggerisce la possibilità che i caduti musulmani, qualora siano stati disposti sul fianco destro, abbiano il volto rivolto verso la Mecca. Su ciascuna lapide è riportato il nome (se noto) e la dicitura (in francese) "Mort pour la France" (morto per la Francia). È da notare che anche fra le tombe cristiane sono riconoscibili nomi arabi e africani.

L'Oasi Le Mortine è un'area naturale protetta di 110 ettari ha affidata in gestione all'Associazione Pianeta Terra Onlus nei pressi dello sbarramento ENEL per la produzione idroelettrica. È composto da una zona boschiva igrofila e vaste aree a canneto lungo le sponde del bacino di regolazione. L'area ricade all'interno di un sito di interesse comunitario e una zona di protezione speciale, La vegetazione ripariale che un tempo avvolgeva il Volturno, oggi si organizza solo in aree limitate in formazioni igrofile consistenti e dotate di un buon grado di naturalità. Tra di esse assume particolare importanza naturalistica il bosco igrofilo delle Mortine esteso oltre 100 ha, di cui il nucleo boschivo concesso dall'ENEL a Pianeta Terra rappresenta un frammento intatto da almeno 45 anni. In quest'area, interposta tra le Mainarde ed il Matese, il Volturno penetra una fitta coltre boschiva igrofila, frazionata dai suoi rami secondari che circoscrivono isole impenetrabili dalle caratteristiche uniche nel corso del fiume. Poc'anzi lo sbarramento dell'ENEL il fiume si allarga e le sue acque lente permettono lo sviluppo di un canneto che borda anche le sponde del contiguo bacino di regolazione. Pur essendo affidati a Pianeta Terra circa 30 ettari di territorio contiguo all'impianto ENEL "Presa Volturno" (realizzato negli anni cinquanta a seguito di un Decreto Regio del marzo 1942), il comprensorio abbraccia una estesa isola demaniale fluviale ed un lago artificiale, interessando in totale oltre 50 ettari. L'intero comprensorio è da considerare, sia dal punto di vista storico che paesaggistico, il limite settentrionale della Reale Caccia Borbonica di Venafro e Torcino. Dalle lettere di Luigi Vanvitelli (architetto di corte) al fratello Urbano si apprende che le battute di caccia a Venafro si tenevano nei mesi di febbraio e marzo, e duravano una decina di giorni. Durante il soggiorno a Venafro Ferdinando IV andava a cacciare nelle "mene" del Colle di Santa Lucia, Castagneto, Mortina, Castellone, Mortina delle Colonne, Colle di Torcino e Selvone.

Il Parco regionale agricolo storico dell'olivo di Venafro, detto anche Parco Oraziano o Campaglione, è il primo parco regionale del Molise, istituito con legge regionale per salvaguardare il patrimonio olivicolo del territorio venafrano. Il Parco Regionale Agricolo Storico dell'Olivo di Venafro è il primo Parco tematico sull'olivo del Mediterraneo. Oltre alla sua valenza agricola e ambientale, è uno strumento di promozione turistica del territorio venafrano che oltre al suo valore agricolo è ricco in emergenze storiche ed ecologiche che emergono tra i muretti a secco e i terrazzamenti. Gli olivi di Venafro sono menzionati nelle opere dei massimi poeti latini per l'ottima qualità dell'olio: tra essi Orazio, da cui Parco Oraziano.

Nel cuore del centro cittadino ci sono i giardini pubblici dell'estensione di circa un ettaro, un ambiente ricco di vegetazione e di acque con il laghetto e ruscelli. Realizzata per volere di Pozzobon e dell'allora sindaco di Venafro Basileo Milano, nella villa si contano un bocciodromo e un campo da basket e pallavolo. Davanti al laghetto della villa sorge la Palazzina Liberty, progettata dall'ingegner Gioacchino Luigi Mellucci, uno tra gli edifici più caratteristici di Venafro, grazie alla sua architettura ed alla sua ubicazione nel laghetto cittadino, l’edificio oggi è sede integrante del comune ed è inoltre sede di un ufficio per la promozione turistica.


Voto alla città:7
Anno della foto:2022