Cantù (Italia)

 


Cantù è un comune italiano di 39 435 abitanti della provincia di Como in Lombardia. È il venticinquesimo comune più popoloso della Lombardia.

In posizione dominante sul centro di Cantù si trova la basilica prepositurale di San Paolo, eretta verso la fine dell'XI secolo.

Nei pressi della basilica si trova la Cappella della Madonnina, un antico oratorio databile all'XI secolo e che oggi adempie talvolta le funzioni di battistero della stessa chiesa di San Paolo. In origine detta chiesa di Santa Maria, la cappella è anche conosciuta come "Oratorio della Beata Vergine". Situata nei pressi dell'antica cinta muraria cittadina, la chiesetta si presenta come un edificio con facciata a capanna e abside ettagonale formato da pareti irregolari innestate su quelle che un tempo erano le mura medievali della città. Anticamente la facciata era aperta e delimitata da una grata. Internamente, l'edificio ha una struttura a pianta quadrata ed è arricchito da affreschi che vanno dal periodo tardo-bizantino a quello trecentesco, successivamente rimaneggiati nel XVI secolo. Tra di essi si ricordano la rappresentazione del borgo canturino e dei suoi monumenti principali, opera del 1514 attribuita ad Ambrogio da Vigevano e Cristoforo de Mottis, oltre a una Madonna del latte del XIV secolo. Ai lati dell'abside sono raffigurati alcuni episodi della vita di Gesù: La nascitaLa circoncisione e L'adorazione dei Magi.

Elevata a parrocchiale nel XV secolo, la chiesa di San Teodoro fu costruita in stile romanico tra la fine dell'XI e il XII secolo ma molto rimaneggiata nel corso del tempo.

La facciata, modificata nel XVII secolo secondo gli stilemi barocchi, è introdotta da un portale settecentesco in legno di noce, incorniciato da arenaria grigio-gialla. Al XVIII secolo risale invece una raffigurazione del vescovo Teodoro racchiusa nel fastigio del portale.

Le navate, delimitate da pilastri rettangolari rivestiti di serizzo e chiuse da rispettive absidi, sono state anch'esse oggetto di importanti ristrutturazioni. Se infatti l'abside centrale è originale, le due laterali furono ricostruite in stile romanico agli inizi del XX secolo dopo che nel '600 erano state demolite per lasciar posto a due cappelle a pianta rettangolare progettate dell'architetto Gerolamo Quadrio. Internamente, tra la fine del '500 e gli inizi del '600 il pavimento era in laterizio con mattonelle quadrate e rettangolari, mentre le pareti erano completamente dipinte. Di queste raffigurazioni sopravvivono oggi un San Giovanni Battista, un Battesimo di Gesù e una Madonna del latte.

La copertura, che era capriate lignee con coppi a vista e che, in origine, aveva una struttura interna a cassettoni, nel periodo barocco fu dotata di una struttura a volte a vela.

I rimaneggiamenti hanno interessato anche il campanile, in origine romanico ma intensivamente ristrutturato già nel XVII secolo. La parte superiore fu ricostruita in pietra di Saltrio nel 1831, attraverso un intervento che vide l'aggiunta del dado ottagonale e della cupola a cipolla.

La chiesa conserva un prezioso Crocifisso ligneo con capelli e spine vere, proveniente dalla demolita chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, oltre alle spoglie di Sant'Innocenzo della Legione tebana.

Il Santuario della Madonna dei Miracoli fu costruito tra il 1554 e 1555 sul luogo di una presunta apparizione mariana che sarebbe avvenuto al di fuori dell'antica porta cittadina di Campo Rotondo, ove un pilastro ospitava un dipinto di una Madonna del latte. Secondo quanto tramandato dalla tradizione, nel maggio del 1543 una ragazzina dal nome Angiolina della Cascina Novello si sarebbe recata sul luogo dell'icona mariana per chiedere la cessazione di una grave carestia che affliggeva l'area del canturino. In seguito alle preghiere, la Madonna, chiamata "Santa Maria Bella", sarebbe apparsa alla giovinetta annunciando la fine della miseria e invitandola a recarsi nei campi con gli abitanti del borgo per la mieterura di un abbondante raccolto. L'effige di Santa Maria Bella, risalente a non oltre la metà del '400, è conservata al centro del dossale dell'altare maggiore della chiesa.

Esternamente, l'edificio si presenta con una facciata realizzata in cemento Portland tra il 1900 e il 1901 su disegno di Italo Zanini, secondo uno stile eclettico neoclassico-neobarocco. Al centro della parte superiore della facciata, una nicchia contenente una statua dell'Assunta rivela la dedicazione mariana della chiesa.

La parte anteriore del santuario, crollata nell'ottobre del 1837, fu ricostruita su progetto dell'architetto Giacomo Moraglia e inaugurata nel 1863.

Internamente, la chiesa presenta una struttura a tre navate, ove quella centrale si chiude nel presbiterio, mentre le due laterali sono concluse da rispettive cappelle, una dedicata a Sant'Antonio e l'altra a Santa Teresa d'Avila.

Le pareti e la cupola del presbiterio e del coro sono coperte di decorazioni effettuate negli anni 1637-1638 da Giovanni Mauro della Rovere (detto il Fiammenghino), affreschi che erano già stati auspicati dal vescovo Carlo Borromeo, durante la visita pastorale dell'ottobre 1570. Gli affreschi della cupola, che si sviluppa a partire da una pianta rettangolare di circa 7 x 8 m, riportano una scena dell’Assunzione: un porticato ad anello si apre al cielo, ove troneggia la Madonna circondata da angeli musicanti e nuvole. Una serie di re biblici,10 profeti e sibille mescolate insieme a putti festanti ornano, in maniera alternata, gli otto scomparti del porticato e gli spazi della sottostante balaustra. L'arco tra il presbiterio e il coro ospita l'altare che ospita l'effige di Santa Maria Bella, realizzato nel 1852 in stile neoclassico su disegno di Pompeo Calvi. Sulla parete sinistra del presbiterio è affrescata una Visita dei Magi, mentre su quella di destra sono dipinte Le nozze di Cana. Il coro è ricoperto da una volta ornata da stucchi disposti a crociera, al centro della quale domina una raffigurazione del Padre Creatore affacciato ad angeli musicanti.

Il santuario conserva inoltre una Incoronazione della Vergine dipinta da Camillo Procaccini (1610), nonché una Apparizione di Cristo a Santa Teresa di Charles Grandon (1714).

L'edificio, detto anche "chiesa della Trasfigurazione", fu costruito verso il 1570 su sostegno economico di Suor Letizia Alciati, dopo che nel 1505 il papa Giulio II aveva concesso alle Umiliate di Sant'Ambrogio il permesso di costruire sia la chiesa sia un monastero. Umiliate che, nei pressi della chiesa, dal XIII secolo gestivano un ospedale, dedicato a Sant'Antonio.

La chiesa si presenta come un edificio tardo-rinascimentale a pianta quadrata, sormontato da un'ampia cupola con tiburio cilindrico. Internamente, la cupola è affrescata e decorata da stucchi realizzati dai Maestri intelvesi.

Nel 1586 la chiesa venne divisa in due aree: una interna e una esterna. La parte interna, ad uso esclusivo delle monache del convento di clausura era introdotta da una esterna accessibile ai fedeli durante le funzioni religiose.

In seguito alla soppressione dell'ordine religioso da parte di Napoleone Bonaparte durante la Repubblica Cisalpina (1785), la chiesa cadde in totale declino. In un primo momento, il Monastero fu convertito in scuola militare, mentre la chiesa fu sconsacrata all’inizio del XIX secolo. Venduta all’asta nel 1818, la chiesa fu adibita, assieme al Monastero, in abitazioni e magazzini privati. A metà del XIX secolo si assistette alla demolizione sia della chiesa interna sia del campanile. Il monastero venne invece distrutto nel 1936 per dare spazio all'attuale piazza Marconi. Nella cupola della ex-chiesa, resti di oltre cento figure affrescate da Giovanni Paolo e Raffaele Recchi (1676), tra le quali spicca la sagoma di un angelo che porge lo staffile al santo titolare della chiesa.

Eretta fra il 1665 e gli anni '80 del Seicento, la chiesa di Santa Maria fu costruita nel contesto di un monastero femminile benedettino, istituito nel 1093 da Alberto da Prezzate e riedificato nel 1690.

Dal XIII secolo in poi, il convento fu frequentato da giovani appartenenti alle ricche famiglie di Cantù e alla nobiltà comasca e milanese, che con il loro sostegno economico garantirono un periodo di prosperità al monastero. Nei secoli XVII e XVIII, in particolare, la protezione delle famiglie nobiliari e il possedimento di estesi beni fondiari garantirono i proventi per la realizzazione della nuova chiesa, finalizzata a sostituire quella più antica che era già ristrutturata ai tempi dell'arcivescovo Carlo Borromeo. La chiesa, progettata dall'architetto Gerolamo Quadrio, fu infatti eretta su un preesistente edificio religioso in stile romanico, probabilmente a tre navate, databile agli inizi del Basso Medioevo. Alla morte di Gerolamo, avvenuta nel 1679, la direzione dei lavori passò al figlio Giovanni Battista Quadrio, autore del un portale in pietra che, all'interno della facciata in mattoni rimasta incompiuta, è sovrastato da una conchiglia dalla quale si diramano due ghirlande. La pianta ottagonale è caratterizzata dall'alternarsi di pareti dritte e curvilinee, che con il presbiterio, il vano di ingresso e i due altari laterali, creano la forma di una croce. La chiesa è impostata su una pianta centrale ottagonale realizzata attraverso l'alternanza di pareti dritte e curvilinee che, in combinazione con il presbiterio, l'ingresso e i due altari laterali, vanno a formare una croce. Un'imponente cupola sormontata da un tiburio conclude l'edificio.

All'interno della chiesa, otto colonne isolate sostengono il tiburio cilindrico e delimitano gli spazi della cappella maggiore e ai due altari laterali che un tempo erano dedicati alla Vergine deipara (quello verso oriente) e a san Benedetto (quello verso occidente). La chiesa ospita una grande pala d'altare realizzata da Grazio Cossali (1596), proveniente dalla distrutta chiesa domenicana di San Giovanni in Pedemonte di Como e raffigurante la Vergine con il Bambino e i Santi Giacinto, il vescovo di Como Adalbertodue frati domenicani e due offerenti. L'opera è incorniciata da diciotto episodi della vita del domenicano Giacinto Odrovaz, alla cui canonizzazione del 1594 e alla traslazione delle reliquie del vescovo comasco Adalberto in San Giovanni in Pedemonte nel 1590 si deve l'esecuzione della pala. Come attestato dalla data riportata sulla parete anteriore del tamburo, nel 1680 i lavori di costruzione della chiesa erano già a buon punto. Tre iscrizioni ricordano il trasferimento, nel 1690, delle ossa della priora Agnese "de Burgundi", colei che per prima fu scelta da Alberto da Prezzate come priora del monastero e, allo stesso tempo, colei alla quale la tradizione attribuisce l'introduzione, a Cantù, di quel merletto che dalla città prende il nome.

Sul finire del Settecento, la soppressione degli ordini religiosi decretata da Napoleone Bonaparte con effetto anche sulla Repubblica Cisalpina comportò tuttavia la fine del convento (1798). Il monastero, comprensivo di un chiostro principale più antico e di un altro aggiunto in seguito alla costruzione della chiesa stessa fu infatti trasformato in una caserma. La chiesa rimase chiusa al culto fino al 1839, cosicché buona parte gli arredi andò perduta. Dopo esser stato acquistato dal Comune agl'inizi del XX secolo, l'ex-monastero divenne dapprima una scuola e in seguito, agli inizi del III millennio, fu convertito nella sede del Municipio.

La chiesa di Sant'Antonio abate fu realizzata a partire dalla fine del XII secolo in stile romanico-gotico al di fuori della cinta muraria della città medievale, lungo la strada che conduce a Como. A sinistra della chiesa si trovava un campanile romanico. Affiancato sul lato sud della chiesa si trovava un hospitale per gli ammalati e i pellegrini, utilizzato durante una grande pestilenza che nel 1631 afflisse il borgo canturino. L'hospitale, dotato di struttura a corte, fu gestito in un primo tempo da monache agostiniane e, in un secondo tempo, da canonici di Sant'Antonio di Vienne (XV secolo).

La chiesa si presenta con una facciata a capanna, dotata un portale delimitato da due archi, dei quali uno a sesto acuto e l'altro, ad esso sottoposto. a tutto sesto, Sopra al portone si staglia un rosone con cornice in cotto. Edificio a singola navata, la chiesa ha una struttura con capriate a vista e abside poligonale scandita da lesene gotiche. In passato le pareti interne completamente coperte da affreschi di diverse epoche, dal mondo bizantino alla pittura lombarda del '300. Di questi affreschi sopravvivono ancora una Madonna del latte, una Madonna in trono con Bambino e Santa Caterina d'Alessandria e un'Annunciazione. Nella chiesa è inoltre conservata una grande statua Trecentesca in arenaria dedicata a Sant'Antonio Abate.

Al XIII secolo risale la costruzione di quella che era la chiesa di San Francesco, a cui un tempo era annesso un convento di francescani giunti a Cantù nel 1289, soppresso nel 1777. Della struttura della vecchia chiesa, oggi adibita ad area espositiva, è ancora visibile la facciata gotica, inglobata in un edificio privato. La chiesetta viene chiamata anche "Cappella Carcano" per via del fatto che, nella seconda metà del XV secolo, il podestà di Cantù Tristano Carcano la adibì a tomba di famiglia prima di morire nel 1479. L'altare della chiesa ospitava un trittico realizzato dall'artista bergamasco Bernardino Zenale sul tema dell'Immacolata Concezione, opera che fu tagliata in tre parti e venduta a diversi collezionisti. I pezzi del trittico sono custoditi a Milano nei musei Bagatti Valsecchi e Poldi Pezzoli, e a Malibù al Paul J. Getty Museum.

Il castello di Pietrasanta deve il suo nome e la sua costruzione alla famiglia dei conti che, nel 1475, ottenne l'affidamento della cittadina come feudo. Il castello fu edificato in posizione dominante sul colle di Cantù, a pochi passi dalla basilica di San Paolo. Lo stesso campanile della chiesa costituiva, nella sua parte inferiore, una torre del castello. Distrutto nel 1527 da Gian Giacomo Medici, il castello venne ricostruito come edificio residenziale. Nonostante al suo interno conservi alcuni affreschi realizzati da Andrea Appiani, l'edificio versa oggi in condizioni di degrado.

La Porta Ferraia, detta anche Porta della Ferraria, deve il suo nome alla vicina Contrada della Ferraia, che un tempo ospitava botteghe in cui il ferro veniva lavorato per produrre chiodi e attrezzi agricoli. La costruzione è una porta perimetrale della cinta muraria medievale che venne costruita in seguito alla proclamazione dell’indipendenza di Cantù dal dominio visconteo di Milano, nel 1324. La realizzazione della porta, detta anche "degli Archinti", si deve alla famiglia di Gaspare Grassi, che nello stesso periodo dotò la città di una cinta muraria lunga circa 1 miglio e di ben 35 torri. La porta aveva la funzione di sorveglianza della vallata in direzione di Galliano.

Da un punto di vista architettonico, la struttura presenta con un arco di granito e una torre trapezoidale irregolare di sette metri d'altezza, costruita in laterizi e ciottoli di fiume e laterizi.


Voto alla città:6
Anno della foto:2019

Fiorenzuola D'Arda (Italia)

 


Fiorenzuola d'Arda è un comune italiano di 14 785 abitanti della provincia di Piacenza in Emilia-Romagna.
La chiesa parrocchiale di Fiorenzuola d'Arda è dedicata a san Fiorenzo di Tours. Ebbe una lunga vicenda di edilizia, dal XIII secolo agli ultimi restauri del 1933 promossi dall'arciprete mons. Luigi Ferrari, che resse la parrocchia dal 1921 al 1964.

L'oratorio della Natività, detto della "morte", è un piccolo santuario rinascimentale. Situato a metà di via della liberazione si fa notare per la graziosa facciata cinquecentesca adorna di un bel portale marmoreo, coronata da un timpano con un finestrone semicircolare inserito.

L'interno è a croce greca con una cupola ellissoidale, i semi-pilastri sono di colore rosso e le pareti ravvivono la quieta e mistica luce.

A destra si apre la cappella dell'addolorata, decorata nel 1878 dal fiorenzuolano Tito Rocca; la campata centrale si prolunga ai lati con due cappelle i cui altari sono stati demoliti ma restano i policromi paliotti barocchi murati sulle pareti di fondo, ambedue dello stesso disegno, e due tele di ignoti pittori.

In quella di destra una natività di Maria " notevole dipinto cinquecentesco di carattere cremonese molto vicino al malosso e con chiari ricordi dell'ambiente correggesco, in particolare del parmigiano (a.g. Quintavalle). Le nature morte ricordano i Campi". Per Corrado Mingardi è "opera assai interessante che rivela i modi dei Fiamminghi (Gian Battista, Gian Mauro e Mauro della Rovere) attivi in Lombardia e Piacenza; il gruppo principale delle ancelle e della lavatrice è ripreso tale e quale da un quadro di Ambrogio Figino in S.Antonio a Milano.

Nella cappella di sinistra il transito di san Giuseppe, di mediocre fattura; sul presbiterio domina la statua della Madonna del Carmine.

Nelle antiche piante topografiche di Fiorenzuola questo oratorio era denominato oratorio dello Spedale dei pellegrini o di Santa Maria dei battuti o dei disciplinati Si ha notizia che nel 1600, nei giorni festivi, vi si istruivano le fanciulle nella dottrina cristiana.

Nel 1621 si costituiva la Confraternita degli Agonizzanti, detta di San Giuseppe; ad essa pare si debba la costruzione della chiesa comunemente detta Caravaggio. La tradizione vuole che la chiesa sia stata eretta quale voto di popolo in occasione di epidemia e guerra ed è dedicata alla Beata Vergine di Caravaggio.

La pianta del tempio è ad unica navata. Nell'interno, sopra la porta e per tutta la larghezza della controfacciata, una capace cantoria in muratura, con parapetto sagomato e decorato da strumenti musicali dipinti, evoca pompose liturgie.

Il titolo di Oratorio Ducale fu concesso ai tempi di Ferdinando di Borbone e confermato poi da Maria Luigia.

Nel 1861, per concessione di Re Vittorio Emanuele II, fu sostituito con quello di Reale; nel 1862 nell'oratorio si tenne un'assemblea di centoventidue artigiani e operai fiorenzuolani per fondare la Società di Mutuo Soccorso.

Nel 1937 fu restaurata la facciata della chiesa, grazie ad un contributo concesso da Secondo Gonzaga e alla manodopera volontaria dell'impresa edile Bagatti.

Il cimitero più antico di cui si ha traccia risale al 1200 ed era situato nel luogo dove ora sorge la canonica e parte del giardino. Nel 1804 si autorizzava lo spurgo dei sepolcri gentilizi nella Chiesa Maggiore e del cimitero attiguo (decreto del Vescovo di Piacenza).

Il nuovo cimitero sorse in piazza Dogali (oggi Piazza piccola del Mercato) e venne utilizzato fino al 1875 quando lo spazio disponibile divenne insufficiente e l'ubicazione ritenuta inadeguata in quanto troppo al centro del paese.

La costruzione dell'attuale cimitero venne completata nell'anno 1876 su disegno del Cav. Dellacella e fino al 1877 si procedette al trasferimento delle ossa dal vecchio cimitero con contemporanea bonifica di piazza Dogali. Una successiva opera di ampliamento si ebbe negli anni '80.

Il Cimitero Ebraico è situato a Nord-Est del Cimitero Cristiano, a ridosso del muro di cinta.

È un appezzamento di terreno a forma triangolare che fu trasferito nel 1881 dalla sua antica ubicazione lungo l'argine dell'Arda. Leggendo le iscrizioni sulle tombe si trovano i nomi delle antiche famiglie fiorenzuolane: FinziLeviFontanella e Foà.

L'ultimo cittadino di religione ebraica sepolto in questo cimitero fu il rag. Leonardo Foà nel 1985.

iazza Fratelli Molinari è l'antica Piazza Grande al centro del paese. Nel mezzo è situata la Collegiata, sullo sfondo di levante è visibile la torre mentre a ponente, sulla sommità d'un palazzo settecentesco, il belvedere, altissimo e con un ritmo di arcate.

La composizione di questo quadro urbano è di grande interesse per il contrasto fra le opere architettoniche e l'edilizia che la circonda.

Il palazzo in cui ha sede la canonica è stato costruito, nelle forme attuali, nel 1892 per iniziativa dell'allora arciprete mons. Pietro Piacenza. La facciata è decorata da sette medaglioni con le effigi in bassorilievo di famosi ecclesiastici fiorenzuolani e piacentini. 

Il Monumento ai caduti della guerra 1915 - 18, eretto in piazza dei caduti, opera dell'architetto Manfredo Manfredi in collaborazione, con lo scultore Giuseppe Tonnini, fu inaugurato l'11 novembre 1923.

"Comporrà il monumento - si legge nella relazione del progetto stipulata da Manfredi - una grande ara votiva, sull'esempio di quelle classiche dell'architettura romana, informata a grande semplicità di linee: poserà su uno stilobate e formeranno nella base due gradoni". La statua bronzea del fante eretto in posizione di riposo, campeggia sulla fronte del monumento. Ai lati, sul basamento, sono scolpite due epigrafi dettate dal prof. Mario Casella.

I fiorenzuolani caduti nella prima guerra mondiale furono duecentodieci, dei quali novantacinque in combattimento o in seguito a ferite, trentaquattro dispersi, settantasei per malattie contrattate in servizio e cinque per cause diverse.

L'elenco di queste vittime della guerra, pubblicato in un fascicoletto dalla tipografia Malvezzi, con poetica dedica dello stesso Casella e un'illustrazione dell'architetto Mario Bacciocchi, uscì nel giorno della inaugurazione del monumento.

La prima metà di via Garibaldi è dominata dalla severa mole di Palazzo Bertamini Lucca del quale non si conosce l'architetto ma la cui costruzione risale agli anni che vanno dal 1724 al 1734.

Esso venne edificato dai tre fratelli Bertamini-canonico Francesco, abate Antonio e Giuseppe - di famiglia originaria di Sarzana, trasferitasi nella seconda metà del Seicento a Fiorenzuola e a Piacenza. I Bertamini avevano fatto erigere, agli inizi del Settecento, un palazzo a Piacenza, in strada Sopramuro, di classica eleganza.

Il palazzo di Fiorenzuola è costruito secondo uno schema difforme da quello tipico delle dimore nobiliari del Sei-Settecento: la pianta anziché essere a ferro di cavallo, con l'apertura rivolta verso il giardino, è rettangolare, a grilia, con due grandi corpi simmetrici che si fronteggiano sui lati minori; sono collegati tra loro, sui lati maggiori, da due ali più basse e, al centro, dall'atrio d'ingresso sopra il quale corre - al primo piano - una galleria.

Sull'angolo tra via Garibaldi e il vicolo dei Templari, incastonato nel cuore del centro storico, Palazzo Grossi è la preziosa testimonianza dell'architettura civile rinascimentale a Fiorenzuola. La facciata principale sulla via, il lato est nel vicolo, e il camino del salone del piano terreno sono le sole parti originarie dopo gli inconsulti ammodernamenti subiti dell'edificio nel 1961.

La facciata in laterizio è illeggiadrita da formelle in terracotta, secondo il tipico stile tardogotico emiliano-lombardo, che decorano la cornice marcapiano orizzontale. La cornice è in forma di trabeazione e racchiude un fregio composto di coppie di chimere alate fronteggiantesi e sostenenti con una zampa il tondo, alternate a composizioni simmetriche di vasi tra cornucopie e volute. La fascia delle finestre richiama motivi tipici della tradizione decorativa plastica quattrocentesca. I putti che si aggrappano ai meandri gotici si riscontrano di frequente nelle costruzioni lombarde. Un medaglione tra le finestre racchiude in una ghirlanda uno stemma gentilizio, sul quale spicca un leone rampante, sormontato da un elmo con cimiero. Sul cammino, nel salone al piano terra, è scolpito lo stemma della famiglia Maculani - Bagarotti, imparentatasi nel secolo XVII coi Grossi.

Le mensole sulla sommità della facciata, secondo un'ipotesi ed una ricostruzione di Luigi Dodi, avrebbero dovuto reggere la grande guscia a lunetta del cornicione . La cornice segnapiano, sulla quale poggiano i davanzali delle due finestre, rende visibilmente, dall'esterno, l'altezza del piano terreno, assai superiore a quella del primo piano.

Gli elementi stilistici delle terrecotte e il raffronto con analoghe ornamentazioni consentono di datare il palazzo agli ultimi decenni del Quattrocento. Luigi Dodi nel suo saggio sull'architettura quattrocentesca in Val d'Arda, rileva le somiglianze con la decorazione di Palazzo Varesi di Lodi e con quella di Palazzo Landi di Piacenza, ove operarono Giovanni Battagio e Agostino de Fondutis l'uno per la parte architettonica, l'altro per la decorazione.


Voto alla città:6
Anno della foto:2019

Borgo Maggiore (San Marino)

 


Borgo Maggiore è un castello della Repubblica di San Marino di 6 966 abitanti ed un'estensione di 9,54 km².
Il castello è famoso per le sue architetture religiose e civili.

A Borgo Maggiore si trova il Teatro Concordia, che ha una capienza di 402 posti. Viene utilizzato sia per la proiezione di Film, sia per spettacoli di vario genere.

A Borgo Maggiore ha sede il Centro Naturalistico nel quale è conservata una copia del fossile Titanocetus sammarinensis (balenottera sammarinese).

Dal 1981 (a parte una breve interruzione) il Castello di Borgo Maggiore ospita ogni anno un'importante festa: il Palio di Don Bosco. La competizione vede protagonisti i giovani delle 6 frazioni del Castello che, in un clima di gioia e divertimento, si sfidano in una serie di prove a tema con caratelle, trampoli, assi basculanti. La prova più eccezionale è la risalita del Palo della Cuccagna che tiene tutti con il fiato sospeso. In quei giorni, ogni contrada si tinge del colore della propria squadra: Borgo Maggiore (rosso), Cailungo (viola), Ca' Rigo (azzurro), San Giovanni (arancione), Valdragone (verde), Ventoso (giallo). Il Palio di Don Bosco si svolge nella seconda domenica di settembre.


Voto alla città:6
Anno della foto:2010

Impruneta (Italia)

 


Impruneta è un comune italiano di 14 550 abitanti della città metropolitana di Firenze, in Toscana, celebre soprattutto per l'industria della terracotta (il cosiddetto cotto di Impruneta), per la tradizionale Fiera di S. Luca, che si svolge ogni anno alla metà di ottobre, e per la Festa dell'Uva, che si svolge ogni ultima domenica di settembre.

Le sue tradizioni risalgono all'epoca etrusca, successivamente la posizione geografica, le potenzialità del suolo e la relativa vicinanza da Firenze favorirono la nascita di un agglomerato romano.

Il santuario mariano che vi si trova è sicuramente uno dei fattori che hanno reso noto il comune. Notevole anche la piazza Buondelmonti che con i suoi loggiati della fine del Cinquecento ospita le principali feste cittadine. Il turismo svolge una parte importante nell'economia del comune.

Tutta la storia del paese è legata a questo santuario. Probabilmente in epoca etrusca (VI secolo a.C.) sul luogo era presente un santuario legato ad una divinità salutare. In epoca altomedievale nasce l'attuale basilica (1060 circa), in seguito al ritrovamento della sacra immagine della Madonna oggi conservata nel santuario (vedi sotto). L'edificazione del santuario fece anche nascere un gran movimento di pellegrini con conseguente sviluppo di un mercatale. Questo portò allo sviluppo di tutto l'abitato di Impruneta. A testimonianza di questi eventi sono rimasti i Loggiati del Pellegrino, situati a lato della basilica, e, come evento connotativo tradizionale, la Fiera di San Luca, rimasta per secoli una delle più importanti fiere di bestiame della Toscana, raffigurata in una famosa incisione di Jacques Callot.

La basilica è stata bombardata durante la seconda guerra mondiale e molte delle decorazioni che si potevano vedere all'inizio del secolo scorso (particolarmente il soffitto) sono andate perdute o sono ancora in corso di restauro.

La facciata è preceduta da un portico di Gherardo Silvani del 1634, costruito dai fiorentini in ringraziamento ad un intervento della Madonna che avrebbe debellato la peste, e dalla torre campanaria (XIII secolo). L'interno ad una navata conserva opere di notevole pregio tra cui una Natività del Passignano e una Vocazione di S.Pietro dell'Andrea di Jacopo da Empoli. Di fianco al presbiterio due edicole di Michelozzo e decorate da Luca della Robbia conservano le reliquie della Vera Croce, quella di destra, e l'immagine della Madonna (spesso velata), quella di sinistra, che la tradizione assegna a San Luca Evangelista, patrono del paese. In controfacciata ha ripreso il suo posto, da pochi anni, la ricca Cantoria del XVIII secolo che ospitava l'organo del XVI secolo.

Secondo la leggenda, il dipinto fu ritrovato in un campo sito sul monte oggi noto come Monte delle Sante Marie. Tale doveva essere in origine il luogo scelto per l'edificazione del santuario. In realtà, stando alla leggenda, tutti i tentativi di costruzione della chiesa venivano vanificati da crolli improvvisi. Si decise quindi di far decidere alla Madonna stessa dove far costruire il suo santuario. Quindi il dipinto fu posto su un carro trainato da due buoi senza conducente. Gli animali furono fatti partire dalla cima di detto monte e dove si fermarono fu deciso di costruire il santuario.

La Madonna di Impruneta fu molto cara ai fiorentini e sono documentate molte traslazioni dell'immagine a Firenze fin dal XV secolo. Addirittura, nel 1711, fu proclamata compatrona della città di Firenze e dell'arcidiocesi, nonché liberatrice della Toscana dai flagelli che l'avevano colpita. L'immagine è stata restaurata pesantemente, (in pratica ridipinta) da Ignazio Hugford nel 1758. Notevoli anche i chiostri e l'annesso Museo del Tesoro di Santa Maria dell'Impruneta.


Voto alla città:5
Anno della foto:2010

Parma (Italia)

 


Parma è un comune italiano di 200 209 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e seconda città dell'Emilia-Romagna per popolazione dopo il capoluogo regionale Bologna.

Antica capitale del ducato di Parma e Piacenza (1545-1859), la città di Parma è sede universitaria dall'XI secolo. È inoltre sede dal 2004 dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA); dal 1956 del Magistrato per il Po, oggi Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO); dal 1990 dell'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po (AdbPo); e dal 1994 di un Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS) dei Carabinieri, con competenza sull'Italia settentrionale. Vi ha inoltre sede Crédit Agricole Italia, nata dall'acquisizione di Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza.

Tutti gli anni nel mese di ottobre si tiene il Festival Verdi. Nel dicembre 2015 Parma ha ricevuto il riconoscimento di "Città Creativa UNESCO per la Gastronomia".

Il nome di Parma è inoltre legato ad alcune città degli Stati Uniti d'America, tra cui la più nota è quella che sorge nello stato dell'Ohio, a breve distanza da Cleveland; chiamata originariamente Greenbrier, la località fu rinominata nel 1826 su proposta del medico David Long, che durante la sua visita al ducato emiliano era rimasto "impressionato dalla grandezza e bellezza" della città italiana.

La città è stata nominata il 16 febbraio 2018 capitale italiana della cultura per l'anno 2020; il 12 marzo 2020 la pandemia di COVID-19 ha costretto l'organizzazione alla sospensione ufficiale della rassegna fino a data da destinarsi e alla cancellazione o al rinvio di gran parte degli eventi previsti; in seguito, col decreto Rilancio approvato dal Consiglio dei ministri il 13 maggio seguente, il titolo è stato conferito anche per il 2021.

In città sono repertoriati 330 beni culturali, tra i quali 34 archeologici e 296 architettonici.

I principali monumenti religiosi per cui la città è nota sorgono nei pressi di piazza Duomo: il Duomo, consacrato nel 1106, che, considerato fra le maggiori opere dell'architettura romanica in Italia, al suo interno conserva la Deposizione dalla croce, bassorilievo del 1178 di Benedetto Antelami, oltre agli importanti affreschi rinascimentali della cupola, opera del Correggio, e delle tre navate; il Battistero dell'Antelami, consacrato nel 1270, che, interamente rivestito in marmo rosa di Verona, è arricchito da affreschi e sculture risalenti al XIII e XIV secolo; la rinascimentale abbazia di San Giovanni Evangelista, nel cui grande complesso si ammirano la chiesa con facciata marmorea tardo manierista di Simone Moschino, ricca internamente di affreschi rinascimentali, tra cui la celeberrima cupola dipinta dal Correggio, e l'Antica Spezieria, costituita da quattro sale contenenti ancora oggi gli arredi dell'epoca.

Non lontano si trovano inoltre il monastero di San Paolo, la cui Camera della Badessa presenta una volta a ombrello interamente affrescata dal Correggio, e la basilica di Santa Maria della Steccata, che, considerata uno degli esempi più significativi in Italia di chiese a pianta centrale della prima metà del XVI secolo, presenta al suo interno notevoli affreschi rinascimentali, tra cui le Tre vergini savie e tre vergini stolte, capolavoro realizzato dal Parmigianino.

Degne di nota sono inoltre: la neoclassica chiesa di San Pietro Apostolo, del Petitot; la barocca chiesa di San Vitale, con lo scenografico Monumento Beccaria; la barocca chiesa di Sant'Antonio Abate progettata da Ferdinando Galli da Bibbiena; l'antica chiesa di San Sepolcro; l'imponente chiesa di San Francesco del Prato, costruita in epoca gotica; l'adiacente piccolo oratorio dell'Immacolata Concezione; la gotica ex chiesa di Santa Maria del Carmine; la piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, ricca di affreschi cinquecenteschi e seicenteschi.

Nel quartiere Oltretorrente sorge la monumentale chiesa della Santissima Annunziata di Giovan Battista Fornovo, considerata uno dei monumenti più significativi del Manierismo sperimentale della seconda metà del XVI secolo, a insolita pianta ellittica con dieci absidiole disposte a raggiera.

Non lontano si trovano anche: la barocca piccola chiesa di Santa Maria delle Grazie, con affreschi di Sebastiano Galeotti; l'oratorio di Sant'Ilario all'interno dell'Ospedale Vecchio, dedicato al patrono cittadino; l'ex chiesa di San Francesco di Paola, di cui si conserva ancora solo la facciata barocca contornata da due torri dette "dei Paolotti"; la romanica chiesa di Santa Croce; la barocca chiesa di Santa Maria del Quartiere di Giovan Battista Aleotti, caratterizzata dalla grande cupola con magnifici affreschi del Paradiso, opera di Pier Antonio Bernabei.

All'esterno dell'area urbana sorgono due notevoli complessi monastici: l'abbazia di Valserena (nota anche come "Certosa di Paradigna"), oggi sede del Centro studi e archivio della comunicazione, la cui imponente chiesa conserva gli interni in stile gotico lombardo; la certosa di San Girolamo (nota anche come "Certosa di Parma"), oggi sede della Scuola di Formazione e Aggiornamento della Polizia Penitenziaria, che conserva tuttora importanti opere d'arte.

Nelle frazioni sono infine degne di nota: la pieve di San Pancrazio a San Pancrazio Parmense, che conserva colonne e capitelli d'epoca romana e romanica; la romanica pieve di San Geminiano a Vicofertile, che mantiene gli originari capitelli figurati risalenti al XII-XIII secolo e un fonte battesimale medievale; la romanica pieve dei Santi Ippolito e Cassiano a Gaione, che contiene reperti archeologici di rilievo.

Il principale edificio di carattere militare conservato in città è la Cittadella, imponente fortezza pentagonale oggi al centro dell'omonimo quartiere; costruita alla fine del XVI secolo da Smeraldo Smeraldi per volere del duca Alessandro Farnese, il suo ingresso principale è incorniciato da una facciata monumentale in marmo di Carrara progettata nel 1596 da Simone Moschino; cessate le originarie funzioni difensive, nel secondo dopoguerra fu trasformata in un grande parco pubblico, molto frequentato dai parmigiani.

In città è inoltre presente il piccolo Torrione Visconteo, situato di fronte al Palazzo della Pilotta sul lato opposto del torrente; fu costruito da Bernabò Visconti nel XIV secolo.

Per quanto riguarda le mura cittadine, Parma fu per millenni circondata da una cerchia muraria, nei secoli modificata e ampliata; tuttavia nei primissimi anni del XX secolo fu deciso l'abbattimento dell'intera cinta, di cui si conservano solo alcune parziali tracce e due delle cinque Porte: l'antica Porta San Francesco al termine di strada Nino Bixio, affiancata dal 1866 dalla monumentale Barriera Bixio; l'elegante edificio farnesiano della rinascimentale Porta Santa Croce a lato dell'omonimo piazzale. Non restano invece tracce di Porta San Barnaba a barriera Garibaldi, mentre sono conservati nel Cortile della Rocchetta del Palazzo della Pilotta la facciata farnesiana di Porta San Michele a barriera Repubblica e lo stemma dei Borbone che sormontava la facciata di Porta Nuova a barriera Farini.

Nelle frazioni si trovano inoltre alcune architetture fortificate, a testimonianza delle numerose strutture difensive che in epoca medievale punteggiavano il territorio; tra esse si hanno il torrione di Baganzola, il torrione di Beneceto, il torrione di Vicomero, la torre degli Alberi e il castello di Panocchia.

I principali palazzi cittadini vennero edificati nei secoli in cui Parma fu capitale del Ducato. Tra essi spicca per importanza l'enorme complesso monumentale del Palazzo della Pilotta, edificato per i duchi Farnese a partire dal 1580 quale contenitore di tutti i servizi della Corte e dello Stato; vi si accede attraverso un imponente scalone a forbice coperto da cupola progettato da Simone Moschino; oggi è sede della Galleria Nazionale di Parma, del Teatro Farnese, del Museo archeologico nazionale di Parma, della Biblioteca Palatina, del Museo Bodoniano e dell'istituto d'Arte Paolo Toschi.

Sullo stesso piazzale della Pace, oltre ai neoclassici palazzo della Provincia e palazzo dei Ministeri, sorge anche il Palazzo di Riserva, costruito a partire dal 1673, che si presenta oggi con le caratteristiche facciate in stile Luigi XV a nord e ovest, accanto all'ala neoclassica progettata dal Petitot oggi sede del museo Glauco Lombardi; costola dell'edificio è il palazzo delle Poste, in puro stile liberty.

Oltrepassato il torrente Parma, all'interno del Parco Ducale si trova il Palazzo del Giardino, edificio di Corte costruito dal 1561 su progetto del Vignola e ancora oggi ricco di importanti affreschi e stucchi seicenteschi; nello stesso parco sorge anche il rinascimentale Palazzetto Eucherio Sanvitale, che conserva al suo interno frammenti di un affresco del Parmigianino. Non lontano si erge inoltre l'enorme edificio monumentale dell'Ospedale Vecchio, raro esempio di architettura ospedaliera di epoca rinascimentale.

Nella centrale piazza Garibaldi, sede del potere comunale in epoca medievale, si trovano ancora oggi vari edifici che ne sono testimonianza: il rinascimentale palazzo del Comune, contenente numerose opere di valore e attuale sede di rappresentanza dell'amministrazione comunale cittadina; il palazzo del Podestà, costola del precedente, caratterizzato dalle eleganti trifore medievali; l'antico palazzo del Governatore, ristrutturato in stile neoclassico dal Petitot e oggi centro di esposizione permanente di arte moderna e contemporanea. Accanto alla neoclassica chiesa di San Pietro Apostolo, sorge inoltre il neorinascimentale palazzo della Cassa di Risparmio con l'annesso ex palazzo della Camera di commercio, con le pregevoli sale liberty e déco.

Spostandosi in piazza Duomo, si erge il Palazzo Episcopale, antichissima residenza vescovile caratterizzata dalle trifore duecentesche e dai loggiati rinascimentali, ancora oggi sede della diocesi di Parma e del Museo diocesano; nelle vicinanze sorge inoltre il Seminario maggiore, che conserva della struttura rinascimentale il porticato con loggiato sovrastante della facciata, chiusi nel XIX secolo.

Tra gli antichi palazzi pubblici cittadini, sono degni di nota anche: il palazzo dell'Università, imponente edificio del XVI secolo, attuale sede centrale dell'Università di Parma; il barocco Palazzo delle Orsoline; il palazzo del Tribunale; il neorinascimentale Palazzo Ape Museo; il neoclassico Palazzo Imperiale dell'Arena, grande edificio ricco di importanti affreschi e sede del Convitto Nazionale Maria Luigia; il settecentesco palazzo delle Carrozze, sede dell'unità di lingue dell'Università degli Studi di Parma; l'elegante Casinetto Petitot, tra i primi eleganti Cafè italiani costruiti in epoca neoclassica; l'imponente Palazzo Giordani, in stile liberty, sede degli uffici della Provincia di Parma; il neogotico Seminario minore; la Casa madre dei Missionari Saveriani, sede del Museo d'arte cinese ed etnografico.

In città sono infine numerosi i palazzi nobiliari di pregio: il settecentesco Palazzo Dalla Rosa Prati; l'imponente Palazzo Sanvitale, oggi sede del museo Amedeo Bocchi; il rinascimentale Palazzo Cusani, attuale sede della Casa della Musica; il Palazzo Tirelli, caratterizzato dalle ampie finestre rinascimentali in cotto; il neoclassico Palazzo Dazzi; il barocco Palazzo Rangoni Farnese, con l'imponente portale costituito da due pseudo telamoni che sorreggono il balcone, oggi sede della Prefettura; il settecentesco Palazzo Marchi, con facciata in finto bugnato; il Palazzo Bossi Bocchi, oggi sede del museo Fondazione Cariparma; il neoclassico Palazzo Soragna, attuale sede dell'Unione Parmense degli Industriali; il rinascimentale Palazzo Tarasconi; l'ottocentesco Palazzo Carmi, con l'imponente facciata neoclassica; il barocco Palazzo Pallavicino, contenente pregevoli affreschi di Sebastiano Galeotti e attuale sede del Tribunale Amministrativo Regionale; il quattrocentesco Palazzo Boselli.

In ambito urbano sono numerosi i villini e le ville d'epoca liberty, sorti nei primi anni del novecento soprattutto nelle zone a sud-est del centro storico, attorno a viale Campanini e alla Cittadella. Tra essi è degno di nota il Villino Bonazzi, costruito nel 1911 dall'architetto Mario Stocchi Monti e considerato tra i più tipici del liberty italiano. Nella periferia sud si trovano le neoclassiche Villa Picedi al termine di viale Rustici e Villa Avogadro in strada Farnese, edificate originariamente in aperta campagna.

Spostandosi fuori città, si trovano varie ville nobiliari di pregio: all'estremità ovest di Parma, nei pressi di San Pancrazio Parmense, la neoclassica Villa Levi-Tedeschi, caratterizzata da un imponente pronao e da un'alta torretta; a Gaione la neoclassica Villa Paganini, circondata da un ampio parco, appartenuta al violinista Niccolò Paganini; a Carignano la cinquecentesca Villa Malenchini al centro di un parco romantico di 15 ettari, caratterizzata dalla struttura rococò del portale d'ingresso e dagli importanti affreschi rinascimentali di Cesare Baglioni delle sale interne; a Vigatto la neobarocchetta Villa Meli Lupi con l'annessa neogotica Villa Magawly-Cerati e il grande parco all'inglese; a Marore la neoclassica Villa Petitot dell'architetto Ennemond Alexandre Petitot, che ospita ancora un teatrino dell'epoca interamente affrescato; a Porporano la neoclassica Villa Simonetta, caratterizzata da due alte facciate timpanate uguali e contrapposte; a San Prospero Parmense la neoclassica Villa Mattei, ristrutturata forse dal Petitot.

La città di Parma è universalmente nota per la musica lirica. L'edificio più rappresentativo in tal senso è il neoclassico Teatro Regioteatro d'opera cittadino, considerato uno tra i più importanti teatri di tradizione in Italia; fu costruito dal 1821 dall'architetto Nicola Bettoli per volere della duchessa Maria Luigia; l'interno si sviluppa su quattro ordini di palchi e loggione, decorati da Girolamo Magnani, e conserva l'antico sipario dipinto di Giovan Battista Borghesi.

L'altro teatro storico per cui la città è conosciuta è il ligneo Teatro Farnese, situato all'interno del Palazzo della Pilotta; considerato uno dei primi teatri a essere dotato di un arco di proscenio permanente, fu il primo teatro europeo a scena mobile; fu costruito dal 1617 da Giovan Battista Aleotti quale teatro di Corte per i duchi Farnese; distrutto da un bombardamento aereo del maggio 1944, fu ricostruito nel secondo dopoguerra secondo i disegni originali.

Un piccolo teatro ottocentesco, progettato dall'architetto Nicola Bettoli per volere della duchessa Maria Luigia, è situato all'interno del Convitto nazionale Maria Luigia.

Alle porte del centro storico, all'interno del Parco Eridania sorge poi l'Auditorium Niccolò Paganini, progettato dall'architetto Renzo Piano e inaugurato nel 2001 recuperando le precedenti strutture industriali dello zuccherificio Eridania.

In città sono presenti inoltre altri teatri degni di nota: il Teatro Due, sovrastato da un recente anfiteatro all'aperto da 780 posti, considerato un punto di riferimento nel panorama teatrale nazionale e internazionale; il Teatro al Parco, all'interno delle palazzine costruite tra il 1939 e il 1941 per ospitare esposizioni fieristiche nel Parco Ducale, da anni sede della "Compagnia delle Briciole"; l'enorme Palaverdi, inizialmente noto come Palacassa, auditorium all'interno del quartiere fieristico; il costruendo Teatro Giovannino Guareschi, destinato a proporre stagioni di teatro popolare parmigiano interamente in lingua dialettale.

Nella frazione di Marore la Villa Petitot conserva infine un raro esempio di teatrino privato settecentesco ancora integro, disegnato dall'architetto Ennemond Alexandre Petitot in stile neoclassico.

La città conserva ancora alcune tracce della sua antica origine romana; tra queste, sotto l'attuale strada Mazzini sono visibili i resti del Pons Lapidis (noto anche come "Ponte Romano"), inizialmente edificato in muratura in età Augustea ma ricostruito in pietra da Teodorico nel 493.

Il centro cittadino ospita inoltre una serie di monumenti di notevole pregio: in piazzale Dalla Chiesa, di fronte alla stazione ferroviaria, il bronzeo monumento a Vittorio Bottego, eseguito nel 1907 dallo scultore Ettore Ximenes; in viale Toschi, alle spalle del Palazzo della Pilotta, l'alto obelisco del monumento alla Vittoria, realizzato nel 1917 dallo Ximenes su progetto dell'architetto Lamberto Cusani; in piazzale della Pace l'ara centrale dello scomparso monumento a Giuseppe Verdi, eseguito nel 1913 interamente in granito e bronzo dallo Ximenes, parimenti su progetto di Lamberto Cusani; nello stesso piazzale il monumento al Partigiano, creato nel 1954 dallo scultore Marino Mazzacurati su progetto dell'architetto Guglielmo Lusignoli; sull'antica torre di San Paolo in strada Melloni il monumento ai Caduti di tutte le guerre, eseguito nel 1961 da vari scultori su progetto dell'architetto Mario Monguidi; al centro di piazza della Steccata, il monumento al Parmigianino, realizzato nel 1879 dallo scultore Giovanni Chierici; nella centrale piazza Garibaldi, davanti al palazzo del Governatore, il monumento a Giuseppe Garibaldi, creato nel 1893 dallo scultore Davide Calandra; nella stessa piazza, in una nicchia del palazzo del Comune, il monumento al Correggio, realizzato nel 1870 dallo scultore Agostino Ferrarini; a ridosso dello stesso palazzo, verso la chiesa di San Vitale, la copia dell'antico monumento a Ercole e Anteo (noto a Parma anche come I du brasè), realizzato dall'artista fiammingo Teodoro Vandersturck tra il 1684 e 1687 e conservato in originale al centro del cortile di Palazzo Cusani.

Spostandosi nel quartiere Oltretorrente, il Parco Ducale ospita, oltre a numerosi vasi e statue neoclassiche dello scultore Jean-Baptiste Boudard, due significativi monumenti: la grande Fontana del Trianon, realizzata tra il 1712 e il 1719 dall'architetto e scultore Giuliano Mozzani per il giardino della Reggia di Colorno e posizionata sull'isolotto al centro della peschiera del Parco Ducale nel 1920; il Tempietto d'Arcadia, realizzato in forma di rovina nel 1769 su progetto dell'architetto Petitot.

Sempre nello stesso quartiere, appena oltre il Ponte di Mezzo sorge al centro di una piccola piazza l'alto monumento a Filippo Corridoni, costruito secondo il gusto déco fra il 1925 e il 1927 dallo scultore Alessandro Marzaroli, su progetto dell'architetto Mario Monguidi.

All'esterno del centro storico, lungo via Emilia Est, sorge un importante manufatto, l'Arco di San Lazzaro, arco trionfale a tre fornici costruito nel 1628 secondo il gusto barocco ma più volte risistemato, fino a conferirgli l'attuale veste neoclassica.

Degno di nota è infine il neoclassico cimitero monumentale della Villetta, costruito a pianta ottagonale nel 1817 per volere della duchessa Maria Luigia; ospita numerose tombe monumentali dedicate a personaggi illustri, tra i quali Niccolò PaganiniIldebrando PizzettiCarlo Alberto Dalla ChiesaGiuseppe CenniPadre Lino MaupasGiancarlo Rastelli e Pietro Barilla.

Al pari di molte altre realtà, anche Parma nel corso dei secoli ha irrimediabilmente perduto numerosi monumenti per svariate ragioni. I più significativi sono: in piazza Garibaldi la Torre civica del 1287, probabilmente la torre più alta d'Italia con i suoi stimati 130 m di altezza, crollata improvvisamente nel 1606 distruggendo anche il palazzo del Capitano del Popolo del 1281; in piazzale della Pace il neoclassico Palazzo Ducale dell'architetto Nicola Bettoli e il Teatro Reinach del 1871, danneggiati dai bombardamenti aerei anglo-americani del 1944 e in seguito abbattuti; in piazzale Dalla Chiesa il maestoso monumento a Giuseppe Verdi del 1913, danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e in seguito abbattuto, conservandone solo l'ara centrale spostata successivamente in piazzale della Pace; in piazza Ghiaia le neoclassiche Beccherie del 1838, demolite nel 1928 dal sindaco Giovanni Mariotti per la creazione del Lungoparma; le mura che cingevano l'intera città e tre delle cinque Porte, rase al suolo dallo stesso sindaco Mariotti all'inizio del '900 per consentire alla città una più facile espansione.

Sul territorio comunale sono presenti numerosi parchi, giardini e aree verdi, alcuni di notevole pregio storico e architettonico. Tra essi spiccano per importanza: l'antico Parco Ducale, ristrutturato nelle forme attuali nel XVIII secolo; la Cittadella, imponente fortezza pentagonale del XVI secolo trasformata nel secondo dopoguerra in grande parco pubblico; i Giardini di San Paolo, creati nel XIX secolo all'interno del monastero di San Paolo; il seicentesco Orto botanico, con il settecentesco giardino all'italiana e le serre neoclassiche del Petitot.

Un'importante arteria ecologica per la città è inoltre rappresentata dagli alvei dei due torrenti che la attraversano: il torrente Parma, che la seziona in due parti da sud a nord; il torrente Baganza, che confluisce nell'altro immediatamente a sud del centro storico.

La percentuale di verde urbano sulla superficie comunale nel 2007 risultava pari all'1,8% (ossia circa 4,68 km²), mentre ammontava a 26,6 m² il verde urbano per ogni abitante. Secondo il rapporto Ecosistema Urbano 2014, nel 2013 il verde fruibile pro-capite nell'area urbana risultava pari a 30,8 m² per abitante, mentre la percentuale della superficie delle differenti aree verdi sul totale della superficie comunale ammontava al 3,9%. Nel 2014 il "patrimonio verde" della città era costituito da 3.200.000 m² di aree verdi fruibili dalla cittadinanza e 40.000 risultavano gli alberi presenti, dotati di caratteristiche diverse in rapporto alla specie e anche all'età, con percentuale di alberi danneggiati rispetto alla totalità del patrimonio arboreo in carico al Comune molto ridotta e in particolare molto inferiore all'1%. Le aree verdi attrezzate nel 2014 ammontavano complessivamente a 146, suddivise disomogeneamente fra i vari quartieri. A Parma nel 2014 erano presenti in totale 34 aree per cani inserite all'interno di parchi di quartiere o nelle vicinanze di aree giochi per i bimbi, a fronte di 16.000 animali iscritti all'anagrafe apposita.

Per quanto riguarda la gestione delle aree verdi pubbliche, il Comune e Iren di concerto hanno avviato negli ultimi anni il progetto "Kyoto Forest", che si occupa contemporaneamente di conservare il patrimonio arboreo esistente e di aumentarlo in maniera sensibile; sono di conseguenza previsti piantumazioni e abbattimenti delle piante che hanno terminato il proprio ciclo vitale, contestualmente alla sostituzione di ogni pianta abbattuta.

La qualità dell'aria non è sempre buona: le polveri sottili (PM10), benché negli ultimi anni siano leggermente diminuite, superano spesso i valori permessi; inoltre, il 2014 ha visto ancora la città primeggiare in Regione con 70 sforamenti dei livelli di PM10, il doppio del consentito. Al contrario, la raccolta differenziata, che attualmente avviene attraverso il contestato sistema porta a porta serale, raggiunge valori di ottima qualità, avendo superato il 70% alla fine del 2014. A Parma, ove la percentuale degli spostamenti in bicicletta è elevata, la rete ciclabile si è notevolmente estesa negli ultimi anni, raggiungendo nel 2012 valori di 46,93 km ogni 100 km² di superficie comunale, con un incremento del 40,3% rispetto al 2008; allo stesso tempo, la città detiene il primato in Regione sull'estensione delle aree pedonali, che nel 2012 avevano raggiunto valori di 81,84 m² ogni 100 abitanti, con un incremento del 23,8% rispetto al 2008. In particolare, alla fine del 2014 l'estensione della rete ciclabile era pari a 123 km, mentre le aree pedonali occupavano l'8% del centro storico e le zone a traffico limitato ne costituivano il 39%, con la previsione di una loro ulteriore estensione a breve; nello stesso tempo, le zone 30 erano pari al 20% dell'intera area comunale. La "Classifica delle città italiane per qualità ambientale" del 2013, redatta a seguito di un'indagine di Ambiente Italia (Istituto di ricerca), Il Sole 24 Ore e Legambiente considerando ben 125 indicatori, posiziona Parma al terzo posto fra le città di medie dimensioni, anticipata solo da Trento e Bolzano.


Voto alla città:7
Anno della foto:2019