Oliena (Italia)



Oliena è un comune italiano di 7 123 abitanti della provincia di Nuoro.
Il centro storico di Oliena è tutt'oggi ben conservato; Le strade, fatte di acciottolato, o d'impredau, come si dice in paese, ospitano le antiche case, tutte vicine tra loro, che sembrano essere sorte con lo scopo di proteggersi l'una con l'altra. Anche se in gran parte disabitate, le antiche abitazioni conservano intatta la loro struttura originaria.
Avevano quasi tutte un cortile interno, su porciu, la caratteristica arcata che predominava l'architettura del paese. Di solito allo stesso cortile si affacciavano 3-4 famiglie, quasi sempre appartenenti allo stesso ceppo. Entro il cortile stava il pozzo, e sa bicocca con la scala di granito in bella vista. Il centro della vita domestica era la cucina, al centro della quale sorgeva su ohile, dove si faceva il fuoco. Non tutti infatti si potevano permettere il caminetto. Il tetto, fatto sempre con canne sostenute da grosse travi, era facilmente deteriorabile.
Se la casa possedeva un secondo piano, il pavimento dell'elevato era in paglia, in sardo paggia. Non mancava un piccolo riparo per le capre, che ogni famiglia possedeva. La porta d'ingresso dava sulla strada ed era rialzata rispetto al suolo, per impedire l'ingresso dell'acqua e di animali.
C'erano però anche alcune case ben fatte, appartenenti alle famiglie più ricche. Sui muri del centro, si possono osservare oggi svariati murales, che riproducono scene di vita paesana.
Un'altra particolare caratteristica del tessuto urbano di Oliena, è l'elevato numero di chiese, all'interno dell'abitato se ne contano infatti 11.
Il Supramonte si estende nei comuni di DorgaliOrgosolo, Oliena, Baunei e Urzulei. Il monte Corrasi è la cima più alta del Supramonte, ed è anche il monte di Oliena. Esso è di natura calcarea, ed è ben visibile dai mari che bagnano la Sardegna. Le bianchissime cime calcaree dell'era mesozoica, hanno valso nel tempo, l'appellativo di "Dolomiti Sarde". Le punte più importanti sono: Corrasi (1.463 m), Carabidda (1.327 m), Ortu Hamminu (1.331 m), Sos Nidos (1.348 m). Su questi luoghi agresti ed impervi, con grotte e "nurres" affascinanti e inaccessibili, dai passi cattivi e inesplorati, dirupi e pietre sospesi nel vuoto, fino a non molti anni fa, planavano maestosi gli avvoltoi grifone, e pascolavano cervi e daini sardi. Oggi è comunque possibile vedere le aquile volare alte nel cielo, e le numerose mandrie di mufloni. In tutto il territorio possiamo osservare lecci secolari, querce e lentischio, i corbezzoli, i gineprilunghi e contorti che hanno già migliaia d'anni. All'interno del bosco ci sono gli agrifogli, il sorbo, l'alaterno, l'enis e il tasso, comunemente definito "albero della morte", perché come dicevano anziani pastori e caprari, "non la tocca nessuna bestia!". Le risorse idriche, conservate in "sos laheddos", piccole cavità scavate nella roccia, permettono alla fauna del supramonte di abbeverarsi. I cinghiali sono numerosi, ed è possibile vedere il gatto selvatico sardo, il ghiro, la martora, la donnola e lepri in grande quantità. La montagna è praticabile da rocciatori e alpinisti; dagli appassionati di trekking, e dagli amanti della natura in genere; non è del tutto consigliabile una scampagnata a chi non è del posto, infatti non è difficile perdersi.
Sul versante est del massiccio calcareo del Corrasi, faccia a faccia con Sa preda 'e Mugrones (la pietra del muflone), nella fertile valle di Guthiddai, si incontra una delle fonti carsiche più conosciute d'EuropaSu Gologone.
La sorgente, solo parzialmente esplorata, alimenta il fiume Cedrino. La fonte ha sempre rappresentato un'importante risorsa idrica, che dà acqua potabile ai comuni di Oliena, Dorgali e alla Baronia. Dopo la sorgente, a pochi chilometri, l'antica, ripidissima carrareccia che porta alla valle di Lanaitho giustifica in pieno il nome del valico: "Su Passu Malu" (Il passo cattivo), al di là del quale strapiombano i monumentali basalti di Ganagosula che delimitano l'altopiano del Gollei.
La valle di Lanaitho comunque, luogo dai tratti belli e suggestivi, con grotte interessanti e visitabili con attrezzature speleologiche come quelle di Sa Oche, Su ventu, Su mugrone e Helihes Artas, ha creato ambienti favorevoli all'insediamento umano già dal paleoliticosuperiore, com'è stato documentato nella Grotta Corbeddu, in cui sono stati trovati i resti umani più antichi della Sardegna, e il villaggio nuragico di Sa sedda e sos carros, dove è stata rinvenuta un'importante fonte sacra.
Non è facile leggere sotto le macerie di un villaggio che la polvere di almeno 2.000 anni ricopre, eppure, questo villaggio, assai vasto e imponente, quando verrà dissepolto, potrà aggiungere una nuova pagina alla preistoria sarda. Le tombe presenti in esso, conservano solo in parte i suppellettili che un tempo le ornavano, ma all'interno dei nuraghi potrebbero celarsi utensili e oggetti tali da completare le scarse conoscenze che si hanno sulle popolazioni che abitarono la Barbagia. Le abitazioni erano granitiche, ed è stata rinvenuta una grande officina che produceva diversi manufatti in metallo, che forniva anche i vicini centri di Gurruthone, Sòvana, Biriai e Serra Orrios.
Il villaggio non era dunque isolato ma intraprendeva fitti scambi anche con Fenici e Cartaginesi. Inoltre, sugli aspri costoni della valle, si trova il villaggio di Tiscali, dove vivevano popoli guerrieri che mai si sarebbero assoggettati al dominio di Roma Imperiale. Sulla parete rocciosa della fortezza si apre un ampio finestrone dal quale si domina la sottostante valle di Lanaitto.
Da lì, le popolazioni potevano controllare tutti i movimenti dei romani. Il villaggio era un luogo molto sicuro per i suoi abitanti, e i soldati non si sono mai spinti in zone così impervie per cercare di catturare i ribelli; semmai lo avessero fatto, le popolazioni indigene erano pronte a nascondersi dentro le numerose grotte presenti nella valle, pronti a cogliere di sorpresa gli invasori: alludeva proprio a queste genti Cicerone quando diceva che i "latrunculi mustrincati" pareva sbucassero da sotto terra come le formiche.

Voto alla città:7
Anno della foto:2017

Orgosolo (Italia)



Orgosolo è un comune italiano di 4 209 abitanti, che si trova a 620 metri sul livello del mare in provincia di Nuoro, nella regione della Barbagia di Ollolai.
Orgosolo conta un gran numero di chiese, sia all'interno del centro abitato che nelle sue immediate vicinanze. La maggior parte degli edifici sono stati realizzati a cavallo dei secoli XIV-XVI.
L'area orgolese del Supramonte ha una estensione di quasi 3500 ettari. Si tratta di un altopiano montuoso, profondamente interessato da fenomeni carsici che vedono la presenza di numerose grotte, doline (imponente è quella di “Su Suercone” o “Sielhone” in orgolese, con un diametro di circa 500 metri) e gole, fra le quali la spettacolare gola di Gorropu, una profonda depressione creata dal Rio Flumineddu con pareti verticali di 400 metri. A causa della mancanza di sorgenti o di portata rilevante, la presenza di acqua in questo territorio è assai scarsa, mentre le precipitazioni tendono a raccogliersi in piccole pozze rocciose naturali chiamate “Presethos”. Il paesaggio del Supramonte è caratterizzato dal colore bianco delle rocce calcaree che contraddistingue ampie distese pietrose che si alterna al verde del sottobosco e delle foreste di lecci. Si ritiene che nella zona denominata “Sas Baddes” sia ancora presente uno degli ultimi tratti di foresta primaria presenti in Europa. Oltre al leccio alcune fra le specie arboree tipiche del Supramonte sono il ginepro (Juniperus) e il tasso(Taxus baccata). Molto ricca anche la flora erbacea con rare specie spontanee alcune delle quali possono essere considerate endemiche. La fauna è molto varia ed è composta principalmente da cinghiali, volpi e mufloni, anche se non mancano specie meno comuni come martore, ghiri e gatti selvatici. Nel Supramonte trovano inoltre l'habitat numerose specie di volatili, principalmente rapaci come l'aquila reale, l'aquila del Bonelli, la poiana, il falco pellegrino, il gheppio e l'astore. In passato le pareti rocciose della zona vedevano la nidificazione del grifone (Gyps fulvus) e del gipeto (Gypaetus barbatus), detto anche “avvoltoio degli agnelli”. Da un punto di vista archeologico sono presenti rilevanti tracce umane risalenti al periodo nuragico e pre-nuragico, in particolare nei complessi nuragici del citato nuraghe “Mereu” e del nuraghe “Presethu Torthu”, caratterizzati dal colore bianco della pietra calcarea con cui sono stati realizzati. Pur essendo un territorio da sempre scarsamente popolato alcune zone del Supramonte orgolese sono state, storicamente, adibite all'allevamento dei suini e al pascolo degli ovini e dei caprini. A causa delle distanze e della mancanza di strade vere e proprie i pastori erano costretti a lunghe permanenze fuori del paese, servendosi unicamente dei tipici ovili in pietra e legno (“Huviles”), alcuni dei quali ancora presenti. Attualmente le attività legate alla pastorizia si sono notevolmente ridotte sul territorio, che per contro risulta molto frequentato da escursionisti, appassionati di trekking, di archeologia e speleologia.
Ad Orgosolo si possono ammirare i tipici murales, i dipinti murari che abbelliscono e arricchiscono i muri delle case, illustrando sia le problematiche legate alla popolazione locale, sia i principali avvenimenti storici e sociali, italiani e internazionali.
Il primo murale a Orgosolo fu realizzato nel 1969 da un gruppo di anarchici milanesi, che si firmarono “Dioniso”. Nel 1975, in occasione del trentennale della Resistenza e della Liberazione l'insegnante toscano Francesco Del Casino ed i suoi alunni della scuola media di Orgosolo realizzarono altri murales, ed in seguito si aggiunse il contributo di altri artisti fra i quali il pittore orgolese Pasquale Buesca e il gruppo culturale locale "Le Api". I murales in genere affrontano principalmente tematiche sociali, storiche e politiche. Al momento si contano più di 200 murales che ormai fanno parte integrante dell'immagine del paese, attirando migliaia di turisti italiani ed esteri.

Voto alla città:7
Anno della foto:2017

Nuoro (Italia)



Nuoro è un comune italiano di 36 925 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia della Sardegna centro-orientale dal 1927.
La cattedrale di Santa Maria della Neve è un monumento del XIX secolo, in stile neoclassico. Eretta per volontà del vescovo Giovanni Maria Bua, nella prima metà del XIX secolo. Il progetto venne affidato all'architetto Antonio Cano. La posa della prima pietra risale al 12 novembre 1835. I lavori, che furono rallentati a causa della morte accidentale durante l'esecuzione dei lavori, dell'architetto Antonio Cano nel 1840, terminarono con la consacrazione del 29 giugno 1853. Oltre l'altare maggiore dedicato a santa Maria della Neve furono affrescati nel soffitto ed eretti nella navata sinistra gli altari: Vergine del Carmelo, Madonna della Salute, Sacro Cuore; nella navata destra gli altari: San Salvatore da Horta, Santa Lucia, Madonna di Lourdes. All'interno è presente una tela rappresentante la deposizione di Cristo, a lungo attribuita erroneamente al pittore bolognese Alessandro Tiarini.
Questa nuova cattedrale prese il posto dell'antica pieve di Santa Maria ad Nives. Secondo l'Alberti essa doveva essere costruita nella maniera catalana. Durante il periodo di costruzione della nuova cattedrale, la Diocesi di Nuoro utilizzò come cattedrale la chiesa de "Sa Purissima". Una antica chiesa oramai perduta situata nel Corso Garibaldi, dove successivamente fu costruito il municipio di Nuoro (demolito per costruire l'edificio di una banca).
Il 22 ottobre 1679 il vescovo di Alghero Francesco Lopez de Urraca concedeva a Nicolau Ruju Manca la "permissione di poter fabbricare una chiesa in onore della Vergine delle Grazie di Nuoro". Comincia con quest'atto ufficiale la storia della chiesa delle Grazie, edificio che è da considerarsi tra i più rilevanti della città di Nuoro.
La chiesa si trova nell'antico quartiere di Sèuna. È stata restaurata. Realizzata alla fine del Seicento in una foggia semplice, lineare, quasi rustica. La facciata presenta un portale centrale, con due semicolonne sulle quali poggia un doppio architrave modanato sormontato da un timpano triangolare in trachite. Gli stipiti ed i capitelli delle colonne sono decorati con figure zoomorfe e floreali che rimandano al linguaggio decorativo gotico-catalano. Al di sopra di esso, come unico elemento decorativo della facciata troviamo un più antico rosone in trachite di foggia gotico-catalana, incastonato nella facciata, che si dice provenisse dalla più antica chiesa di "Santu Milianu" (attribuita erroneamente dal clero spagnolo a san Giuliano era in realtà San Mamiliano) andata oramai in rovina.
Al portale si accede tramite una scalinata in granito. Un secondo ingresso si apre nella fiancata laterale sinistra della chiesa, il quale si presenta con stipiti in trachite rossa e sovrastato da una nicchia, con logiche decorative tardo barocche. Sulla fiancata destra poi, il terzo ingresso al tempio, di nuovo con stipiti in trachite rossa, conduceva un tempo ad uno spazio esterno ampio e circondato da colonne, che fungeva da ostello per i pellegrini durante la festa della patrona di Nuoro. Questo genere di ostelli, noto come "cumbessias", sono tipici della Sardegna ed i più antichi risalgono al periodo della dominazione bizantina. Sulle fiancate vi sono infine loggette che interrompono, alleggerendolo, il volume massiccio della costruzione. L'edificio sacro ha pianta rettangolare e presenta un presbiterio quadrato. Il soffitto è costituito da una volta a botte. L'altare maggiore è sopraelevato di un metro e mezzo rispetto alla navata. Pregevoli dipinti, raffiguranti i 12 apostoli, i profeti, alcuni brani delle sacre scritture ed episodi dell'edificazione della chiesa, sono conservati nel santuario. Risalgono al XVIII secolo: sono stati realizzati su intonaco, poi imbiancato a calce fresca, con terre colorate, secondo una tecnica sarda molto peculiare anche nell'effetto. Nel 1720 l'area ecclesiale ospitò una residenza dei gesuiti. Sotto il pavimento venne ritrovata la sepoltura di una persona di sesso maschile, probabilmente il costruttore della chiesa Nicolau Ruju Manca.
La piazza-monumento è posta al centro di Nuoro fra il corso Garibaldi e il rione di Santu Prédu. Si tratta di piazza ideata da un importante artista contemporaneo. L'idea di utilizzare questo spazio, la vecchia piazza Plebiscito, per onorare il "vate di Sardegna", Sebastiano Satta (1867-1914), venne infatti perfezionata nel 1967 con l'incarico allo scultore oranese Costantino Nivola (1911-1988), reduce dall'esperienza americana a contatto con architetti come Le Corbusier o Saarinen. Nivola iniziò ad eseguire una serie di schizzi e scelse la strada minimalista con l'inserimento di piccole rappresentazioni in bronzo in giganteschi massi granitici provenienti dal monte Ortobene, anche al fine di legare il paesaggio urbano e quello del Monte visibile sullo sfondo della piazza.
La piazza è di forma irregolare e pavimentata da piccole pietre di granito bianco squadrate, da cui sembrano nascere panche formate da parallelepipedi regolari dello stesso materiale. Le indicazioni simboliche emergenti dalla piazza rimandano alla cultura sarda, antropologica e arcaica. Nelle cavità protettive e allusive delle rocce la figura del poeta, rappresentata da otto piccole statue in bronzo, vi trova accoglienza, esaltazione fantastica o riposo. Qui la personalità di Sebastiano Satta è ripresa nei suoi diversi aspetti, umani e artistici. Nivola ha preteso l'intonaco e il bianco calce negli edifici circostanti per dare ampiezza, luminosità e semplicità all'architettura casuale degli abitati, tra i quali si riconosce la stessa casa in cui visse il poeta.
Il Corso Garibaldi è la via principale di Nuoro ed è meta di nuoresi e turisti per via delle attività commerciali e bar presenti, tra cui lo storico Caffè Tettamanzi.
Il principale caffè storico è il Caffè Tettamanzi, fondato nel 1875 e situato nel centro storico di Nuoro al Corso Giuseppe Garibaldi 71. Questo caffè è ancora oggi punto di ritrovo di nuoresi e turisti. Questo caffè anticamente si chiamava Bar Majore. Un altro caffè storico di Nuoro è il Bar Cambosu, fondato nel 1921 e anch'esso situato nel centro storico della città.
L'Ortobene è il monte dei nuoresi per eccellenza. Accoglieva tra i suoi boschi e i suoi graniti antichi abitati medioevali come Gortove(ne) (Ortobene), e Séuna lungo le rive del ruscello "Ribu de Séuna". Luogo di grande pregio paesaggistico e naturalistico, le sue fresche foreste sono meta di escursioni ad un passo dalla città. Offre inoltre grandi suggestioni in occasione delle nevicate invernali. La vetta raggiunge i 955 m s.l.m. In cima si raggiungono diversi belvedere ampiamente panoramici sul Monte Corrasi di Oliena, verso il Supramonte, il Gennargentu ed il mare. Importante e suggestivo è quello che ospita la statua del Redentore, opera di Vincenzo Ierace, cui è ispirata l'importante sagra folkloristica di fine agosto. La flora e la fauna sono quelle tipiche della Sardegna centrale, con boschi di lecci, volpi, cinghiali, ghiri, falchi e persino una coppia di aquile reali. Di rilevante interesse turistico ed antropologico è la cosiddetta "sa conca", una residenza rurale suggestiva e unica ricavata all'interno di un enorme masso di granito cavo e di forma sferica, situato sul ciglio della strada che porta al parco di "Sedda Orthai". Sempre nella zona di "Sedda Orthai", si trovano le tracce di un antichissimo villaggio (e di fortificazioni) del periodo alto medioevale. Ai piedi del monte in località Borbore si trova una interessante zona archeologica dove vi sono varie Domus De Janas (secondo la tradizione "case delle fate"), necropoli risalenti al Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) ed Eneolitico (cultura Monte Claro, 2400-2100 a.C.). In cima si trova l'antica chiesa campestre di Nostra Signora 'e su Monte. Presso le pendici settentrionali del Monte vi sono ulteriori tracce del vissuto storico dell'uomo come il santuario di Valverde, i ruderi delle chiese di Sa Itria e di Santu Jacu, che presentano i muri perimetrali e le basi degli archi in granito, infine le tracce della Chiesa di Santu Tomeu. Queste strutture religiose, insieme al mulino ottocentesco sito in località "Caparedda", meriterebbero interventi di recupero e restauro. Interessanti, infine, i numerosi "rocciai", cumuli naturali di massi granitici, nati con l'erosione dei venti, che assumono spesso forme inusuali come ad esempio le rocce dell'Orco, o quella della spugna.
Il colle di Sant'Onofrio è meta dei nuoresi e dei turisti per la presenza di un parco e anche di Villa Antonietta, comunemente chiamata dai nuoresi Castello di Sant'Onofrio, visitabile solo con il consenso dei proprietari in quanto è abitata.

Voto alla città:7
Anno della foto:2017

Andorra La Vella (Andorra)



Andorra la Vella è la capitale del Principato di Andorra con 22.886 abitanti (dato 2015), che diventano 23.505 considerando tutta la Parrocchia. Situata nei Pirenei orientali, tra Francia e Spagna, si trova alla confluenza tra la Gran Valira, la Valira del Oriente e la Valira del Norte.
La città non ha né un aeroporto né una stazione ferroviaria. Gli aeroporti più vicini sono a Perpignan (156 km) e di Lleida (160 km), mentre gli altri aeroporti più importanti sono quelli di Tolosa (165 km) e quello di Barcellona (215 km). Le stazioni ferroviarie più vicine sono quelle di L'Hospitalet-près-l'Andorre (gestita dalla francese SNCF) e quella di Latour-de-Carol (co-gestita dalla francese SNCF e dalla spagnola RENFE).Collocata a 1.023 metri d'altitudine, è la capitale più alta d'Europa. È soprannominata la Capitale dei Pirenei (Capital dels Pireneus).
Il principale settore economico della capitale è il turismo. Il Principato di Andorra è un paradiso fiscale.
La chiesa di Santa Coloma è una delle più antiche di Andorra. Originariamente fu costruita in stile pre-romanico, ma poi ha subito diversi rifacimenti tra cui il campanile del XII secolo e il portico del XVIII secolo. La chiesa conserva importanti documenti artistici tra cui un'icona lignea del XII secolo rappresentante la Madonna della Misericordia. Sfortunatamente gli splendidi affreschi romanici attualmente si trovano al Museo culturale prussiano di Berlino.
La Caldea è una delle più ampie strutture termali europee, con un'architettura futuristica nel cuore dei Pirenei. Ci sono 6000 metri quadratri di saune, piscine, e vasche sia interne che esterne.

Voto alla città:8
Anno della foto:2017