Catania (Italia)



Catania è un comune italiano di 311 712 abitanti, capoluogo dell'omonima città metropolitana in Sicilia e cuore di un agglomerato urbano di circa 700 000 residenti esteso alle pendici sud orientali del Monte Etna.
È il centro dell'area metropolitana più densamente popolata della Sicilia, e di una più ampia conurbazione nota come Sistema lineare della Sicilia orientale, che conta circa 1.700.000 abitanti su una superficie di 2.400 chilometri quadrati. La città è inoltre il fulcro economico ed infrastrutturale del Distretto del Sud-Est Sicilia, istituito il 26 febbraio 2014 alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. È il più popolato comune d'Italia che non sia capoluogo di regione. Principale polo industrialelogistico e commerciale della Sicilia, è sede dell'Aeroporto Vincenzo Bellini, il maggiore dell'Italia Meridionale.
Fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi della vicina Naxos, la città vanta una storia millenaria caratterizzata da svariate dominazioni i cui resti ne arricchiscono il patrimonio artistico, architettonico e culturale. Sotto la dinastia Aragonese fu capitale del Regno di Sicilia, e dal 1434 per volere di re Alfonso V è sede della più antica Università dell'isola. Nel corso della sua storia è stata più volte interessata da eruzioni vulcaniche (la più imponente, in epoca storica, è quella del 1669) e da terremoti (i più catastrofici ricordati sono stati quelli del 1169 e del 1693).
Catania è stata patria, nativa o adottiva, di alcuni tra i più celebri artisti e letterati d'Italia, tra i quali i compositori Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini e gli scrittori Giovanni VergaLuigi CapuanaFederico De RobertoNino MartoglioVitaliano Brancati. Il barocco del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità, assieme a quello di sette comuni del Val di Noto(CaltagironeMilitello in Val di CataniaModicaNotoPalazzolo AcreideRagusa e Scicli), nel 2002.
A Catania del periodo greco non rimangono molte tracce, a causa di vari fattori sia naturali (terremoti e colate laviche che hanno rovinato la città) che antropici, come le ricostruzioni che spesso hanno ricoperto le precedenti architetture. Inoltre, non sono mai state eseguite grandi campagne di scavi e studi archeologici se non in casi sporadici della sua storia recente. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli zoccoli di alcune costruzioni pubbliche e private tuttora esistenti sono da attribuire al fiorente periodo della colonizzazione greca.
Nel 1978 gli scavi archeologici all'interno dell'ex Monastero dei Benedettini hanno confermato un'imponente e stratificata urbanizzazione dell'area fin dall'epoca eneolitica: sono state rinvenute strutture di edifici del VI e del IV secolo a.C. appartenenti alla fase più antica della colonia calcidese.
Miglior fortuna hanno avuto i monumenti di epoca romana che hanno resistito fino ad oggi testimoniando l'importanza della città nei tempi antichi, inoltre numerosissimi reperti provengono dagli scavi occasionali della città (la gran parte di questi – tra cui mosaici, statue e persino il frammento di una colonna istoriata – sono esposti al Museo civico al Castello Ursino).
Il Teatro romano (del II secolo), l'Odeon (III secolo), l'Anfiteatro romano (II secolo), le Terme dell'Indirizzo (in piazza Currò), le Terme della Rotonda, le Terme Achilliane (nei pressi della cattedrale odierna in Piazza del Duomo), varie altre strutture termali (Terme di Sant'Antonio Abate nella Piazza omonima, Terme dell'Itria in Piazza Santa Maria dell'Itria, Terme dell'Acropoli in Piazza Dante Alighieri e nel cortile del Monastero dei Benedettini), i resti di un acquedotto presso via Grassi e alcuni sepolcri romani (fra cui la Tomba romana del Carmine del II secolo), il Foro romano (probabilmente dove oggi è il Cortile San Pantaleone), una Domus romana con i mosaici tardo-repubblicana (tra gli esempi più significativi dell'attività edilizia romana in Sicilia nel corso del II secolo d.C. sita nell'Emeroteca sotterranea del Dipartimento di Scienze Umanistiche), le colonne di Piazza Giuseppe Mazzini), quella che sostiene la statua di Sant'Agata in Piazza dei Martiri, tre assi viari (due si incrociano ortogonalmente al Monastero dei Benedettini dove sono stati trovati ancora basolati, oggi allo scoperto), una strada che conduceva in antico dal Teatro all'Anfiteatro corrispondente all'attuale via Crociferi, sono i maggiori resti attualmente visibili della Catania romana. Molti di questi monumenti fanno parte dal 2008 del Parco archeologico greco-romano di Catania (istituito dalla Regione Siciliana) e alcuni di essi come il Teatro romano, le Terme della Rotonda e altri monumenti minori sono stati restaurati e resi visitabili. Anche i resti dell'Anfiteatro sono visibili dal 1903-1907 (anni in cui sono durati gli scavi per riportarli alla luce) dall'ingresso di Piazza Stesicoro e dal cortiletto di vico Anfiteatro, traversa di via Alessandro Manzoni.
Probabilmente anche 'u liotru, il simbolo della città situato attualmente al centro di piazza del Duomo, è stato scolpito in epoca romana se non prima. È un manufatto in pietra lavica porosa, che raffigura un elefante. Il nome deriva probabilmente dalla storpiatura del nome di Eliodoro, mago semi-leggendario accusato di negromanzia e grande avversario del vescovo Leone il Taumaturgo, che lo fece bruciare al rogo. L'elefante è sormontato da un obelisco egittizzante di cronologia incerta con figure probabilmente legate al culto isideo.
Del periodo tardo-antico rimangono i resti delle sepolture cristiane a nord e ad est del centro storico, come il Mausoleo circolare di Villa Modica (sito in Viale Regina Margherita), l'Ipogeo quadrato (sito in via Gaetano Sanfilippo, traversa di via Ipogeo, a sua volta traversa del succitato Viale Regina Margherita), e come pure numerosi frammenti, lapidi (tra cui l'epigrafe di Iulia Florentina, esposta al Museo del Louvre), o il cippo Carcaci, esposto nel Museo civico al Castello Ursino. Sono invece di epoca paleocristiana le cripte di Sant'Euplio, di Santa Maria di Betlemme, della "Cappella dell'Ospedale Giuseppe Garibaldi-Centro" (dedicata a Santa Maria della Mecca), e del Santo Spirito, nonché gli ambienti fra il cosiddetto Sacro Carcere e l'ex Cattedrale di Sant'Agata la Vetere, prima chiesa al mondo dedicata alla Santa, ora gestita da un ente morale.
Un monumento di età bizantina (VI-IX secolo) è la Cappella Bonajuto (dal nome della famiglia nobiliare che l'aveva tenuta come sacrario di famiglia nonché come cappella privata): si tratta di una "trichora" bizantina (cioè un edificio con tre absidi); prima del suo restauro se ne aveva conoscenza grazie ai disegni di Jean-Pierre Houël.
Del periodo arabo (IX-XI secolo) alcune chiese vengono trasformate in moschee, altre abbandonate, altre ancora demolite. Le innovazioni più importanti che queste popolazioni aderenti all'Islam introdussero furono l'irrigazione dei campi e la coltivazione in questi di legumi e ortaggi, la cui maggior parte introdotti da loro.
Del periodo normanno (XII secolo) si conservano principalmente le strutture come le absidi della Cattedrale di Sant'Agata tesa a farla diventare "Ecclesia Munita" ("chiesa fortificata", per via delle scorrerie dei Saraceni), che poi sarebbero state ristrutturate dopo il terremoto del Val di Noto del 1693. Oggi vicino la cattedrale si conservano la Vara, ovvero il Fercolo, il busto-reliquiario e la cassa-reliquiaria di Sant'Agata, realizzati nel 1376 dall'orafo e scultore senese Giovanni di Bartolo.
Del periodo svevo (XIII secolo) sono il portale della Chiesa di Sant'Agata al Carcere e il famoso Castello Ursinofedericiano (sede del Museo civico, formato principalmente dalle raccolte Biscari e dei benedettini, dal 1927) e coevo dell'altrettanto famoso castello di Castel del Monte ad Andria e del siracusano Castello Maniace.
Del periodo Aragonese (XIII-XV secolo) si ricordano, invece, il portale della scomparsa Chiesa di San Giovanni de' Fleres, demolita alla fine del XIX secolo e di cui oggi rimane solo l'arco, e il balcone del palazzo Platamone, donato in seguito ai religiosi che lo trasformarono nel Monastero di San Placido, che quando fu danneggiato dal suddetto terremoto fecero rimanere le testimonianze più salienti di quando questo edificio fu nobile.
Del periodo tardo aragonese rimangono poche tracce, tra cui la chiesa di Santa Maria di Gesù situata nella piazza omonima e costruita nel 1498 è forse l'esempio in migliori condizioni. La chiesa fu ristrutturata nel Settecento, mentre il portale è del Cinquecento e solo la Cappella Paternò mantiene l'originale struttura gotica.
Nel 1558, fu iniziata la costruzione del Monastero dei Benedettini, a cui sarebbe poi stata affiancata la Chiesa di San Nicolò l'Arena. Distrutto dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693, nel 1703 se ne avviò la ricostruzione che tuttavia non è stata mai più portata a termine. Di detto edificio permangono tutt'oggi le antiche cucine, il chiostro occidentale, nonché la traccia dell'antico archeggiato del corridoio di meridione.
Le cosiddette Mura di Carlo V, che racchiudono il centro storico, furono erette nel XVI secolo, tra il 1550 e il 1555 su un progetto iniziale di Antonio Ferramolino. Il progetto non riuscì ad essere portato a termine, neanche dopo l'apporto di Tiburzio Spannocchi il quale progettò l'ampliamento delle fortificazioni verso sud-ovest e verso nord a scapito delle vecchie mura di epoca medioevale (tra cui l'antica Torre del Vescovo del 1302).
Venne eretta nel 1612, sotto il re di Spagna e di Sicilia Filippo III, la fontana dei Sette Canali. E nel 1621 sorsero la fontana di Sant'Agata e, su consiglio dell'incaricato dal luogotenente del re, ingegnere Raffaele Lucadello, quella detta «di Gammazita», di cui oggi resta soltanto il «pozzo» nei pressi dell'attuale via San Calogero.
La colata dell'eruzione del 1669 inghiottì parte del sistema difensivo a sud e a sud-ovest della città che, rimasta sguarnita da questo lato, riedificò in parte sulle lave ancora calde una cortina muraria, detta popolarmente fortino, su cui ancora si apre la porta d'accesso (Porta del Fortino Vecchio in via Sacchero, un tempo dedicata al duca di Ligne che qui vi passò nel 1672) e di cui rimangono ancora sparute tracce. Su tali mura venne ricavata la porta Ferdinandea, ancora oggi erroneamente detta u futtinu ("il fortino").
Con il terremoto del 1693 e la seguente ricostruzione si volle dare alla città un aspetto più aperto e libero dai fortilizi (i resti furono infatti inglobati nello sviluppo della città), anche perché ormai non esisteva più il pericolo delle incursioni piratesche che secoli prima diedero l'impulso alla fortificazione del Regnum.
Catania è stata ampiamente trasformata dalle conseguenze dei terremoti che hanno imperversato su questa parte della Sicilia. Il suo territorio circostante è stato più volte coperto da colate laviche che hanno raggiunto il mare. Ma i catanesi caparbiamente l'hanno ricostruita sulle sue stesse macerie. La leggenda vuole che la città sia stata distrutta sette volte durante la sua storia, ma in realtà tali eventi disastrosi si possono sicuramente riferire a pochi ma terribili eventi. Anche le distruzioni del centro urbano in tempi recenti a causa delle colate laviche sono frutto di una storiografia fantasiosa. In epoca storica Catania venne danneggiata dai prodotti piroclastici dell'Etna nel 122 a.C.; le fonti antiche riferiscono di tetti crollati per il peso eccessivo delle ceneri e di raccolti distrutti. È testimoniata tuttavia anche dal punto di vista archeologico la presenza di colate che giunsero a colpire parte della città antica.
La calamità che avrebbe poi reso Catania la perla del tardo barocco siciliano è senza dubbio il terremoto che si registrò tra le giornate del 9 e dell'11 gennaio 1693, quando tutto il Val di Noto fu distrutto da potenti scosse. Nella città etnea si contarono numerose vittime, dovute soprattutto alla scarsa larghezza delle strade principali, che non permise ai cittadini di potervisi riversare. Durante la ricostruzione l'idea di risolvere questo problema fu di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, progettando larghe vie principali, quali le centralissime Via Etnea, Via Vittorio Emanuele II (che all'epoca si chiamava "Corso reale"), Via Plebiscito e Via Giuseppe Garibaldi (all'epoca conosciuta come via San Filippo). Tutti i monumenti antichi furono inseriti nel tessuto urbano della città ricostruita grazie a tanti artisti, anche di fama nazionale, tra cui di certo spicca l'opera dell'architetto Giovanni Battista Vaccarini, che hanno dato alla città una chiara impronta barocca. Tra gli altri che hanno aiutato la rinascita della città si ricordano Francesco BattagliaStefano IttarAlonzo di Benedetto e Girolamo Palazzotto.
Come monumenti dell'Ottocento sono da segnalare teatri e fontane: per quello che riguarda i primi, nel 1821 venne costruito il teatro Coppola, primo teatro comunale a Catania, sito nel quartiere Civita, che fu adibito principalmente alla rappresentazione di opere liriche. Il teatro venne poi chiuso nel 1887 quando fu inaugurato il teatro Massimo Vincenzo Bellini, seguendo lo stile dell'Opéra national de Paris, in piazza Vincenzo Bellini, nel quartiere Agnonella.
Per quello che riguarda le seconde, a Catania non c'è più traccia di quella che aveva al centro un obelisco e che i catanesi avevano innalzato nel 1862, in un primo tempo nell'attuale piazza Duca di Genova, per ricordare la visita compiuta in quell'anno alla città dai tre figli del primo re d'Italia Vittorio Emanuele II (Umberto, Amedeo e Oddone), poi ricollocata nella zona di piazza Mario Cutelli.
Come monumenti del Novecento a Catania sono da segnalare fontane e palazzi: tra le prime, la Fontana di Proserpina, che risale al 1904 ed è sita in piazza Stazione (oggi piazza Giovanni XXIII), è stata costruita 'di getto' in pochi mesi, ed è la penultima scultura di Giulio Moschetti.
Per quello che riguarda i secondi, nel 1922 comincia la costruzione del Palazzo delle poste centrali, con un progetto risalente a quattro anni prima per opera dell'architetto Francesco Fichera, ultimato nel 1929 e inaugurato l'anno seguente.
Nel 1933 è stato inaugurato il Palazzo della Borsa, costruito su progetto dell'architetto Vincenzo Patanè coadiuvato da Giovanni Aiello in uno stile tra il classico e il barocco. Nel 1937 inizia invece la costruzione del Palazzo di Giustizia, che termina solo nel 1953, e in seguito della Fontana de I Malavoglia in piazza dell'Esposizione, l'attuale piazza Giovanni Verga.
Nello stesso periodo sorge il Palazzo Assicurazioni Generali, primo ed unico grattacielo della città, che ha 19 piani.
Sotto il sindaco Domenico Magrì, agli inizi degli anni cinquanta, sorgono tre nuove fontane: la prima realizzata su disegno di Domenico Cannizzaro, la fontana delle Conchiglie, in piazza Mario Cutelli; un'altra, al largo Giovanni Paisiello, opera modernissima di Dino Caruso, in ceramica e pietra lavica; e infine viene ricollocata la fontana dei Delfini, in piazza Vincenzo Bellini, opera di Giovanni Battista Vaccarini, proveniente dal chiostro della Badia Sant'Agata.
Il Piano Regolatore Generale di Luigi Piccinato diede avvio nel 1961 anche ai lavori di costruzione del complesso della Cittadella Universitaria sulla collina di Santa Sofia, previsto già da un precedente PRG degli anni trenta, che oggi è uno dei maggiori poli di ricerca dell'Ateneo.

Voto alla città:8
Anno della foto:2010

Campobasso (Italia)




Campobasso è un comune italiano di 49 230 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Molise.
Prima città della regione per popolazione, sorge a 701 m s.l.m. (a m. 792 il castello Monforte), risultando così il terzo capoluogo di regione più alto d'Italia dopo Potenza e L'Aquila e il quarto di provincia dopo anche Enna.
La città, di probabile origine longobarda, si trova nella zona compresa tra i fiumi Biferno e Fortore. Il centro storico raccoglie numerose testimonianze delle diverse epoche storiche, dalla duecentesca chiesa di San Leonardo, al quattrocentesco castello Monforte, e alla neoclassica cattedrale della Santissima Trinità.
Campobasso è ricca di architetture religiose, civili e militari.
Gli ipogei, ricavati nei secoli dall'opera dell'uomo, rappresentano una realtà nascosta del borgo antico.
Gran parte della pietra fu estratta per poter costruire i palazzi per cui si possono immaginare i volumi esistenti nel sottosuolo.
A seguito del catastrofico terremoto del 1456, il conte Cola di Monforte progettò la nuova città, con un assetto difensivo, dotandola di doppia cinta muraria, interrotta dalle porte che davano accesso al borgo. Utilizzò i vuoti esistenti collegandoli tra loro e rendendoli funzionali a una logica militare. Una ragnatela di cunicoli, una sorta di “rete” in tempi medievali che consentiva la comunicazione rapida da più punti. Tra i sotterranei fotografati, ci sono alcuni tratti dell'antico camminamento che permetteva alle guarnigioni di spostarsi velocemente da una torre all'altra e dalle mura di cinta alla parte alta del colle. Su questa attendibile ipotesi l'Associazione orienta le ricerche con l'obiettivo di ripercorrere il leggendario passaggio che permetteva l'estrema fuga in caso di prolungati assedi.
Nel corso dei secoli i sotterranei hanno subito diverse destinazioni: verso la fine del XV secolo, con l'ampliamento del borgo e l'istituzione della dogana per l'editto di Ferrante d'Aragona, furono aperti i fondaci della farina, del sale, delle carni.
Durante la seconda guerra mondiale furono utilizzati come rifugi antiaerei.
Negli anni sessanta furono adibiti a discoteche e luoghi di incontro di giovani, per l'ampiezza dei locali e l'isolamento acustico.
Successivamente abbandonati e non più utilizzati con fini sociali, sono stati identificati come discariche di materiale edile a seguito di ristrutturazioni. Attualmente sono molto ricercati per renderli fruibili come pub e ristoranti.
La settecentesca “Villa De Capoa”, recuperata con un accurato progetto, è uno dei luoghi più suggestivi della città.
Il parco, adiacente all'ex convento di Santa Maria delle Grazie, fu fatto costruire nel Cinquecento da Andrea De Capoa. Svolse per circa due secoli la funzione di riserva delle erbe che i monaci del convento utilizzavano per la creazione di medicinali naturali. Nel Settecento fu acquistato da privati e riorganizzato in parco vero e proprio. Infine nell'Ottocento la contessa Marianna de Capoa lo donò alla città.
Il giardino è all'italiana, ricopre un'area di quasi 16.000 m². Il viale principale, va dall'ingresso a una piazza; in essa sono collocate una fontana e una piattaforma circolare, usata per allestire spettacoli. In altre zone del giardino vi sono un labirinto di siepi e una rotonda delimitata da quattro aiuole, in cui, nel 1929, sono state impiantate delle sequoie. Ad arricchire i suggestivi sentieri vi sono sculture mitologiche, archi di pietra o di siepi, un sarcofago di fine Quattrocento, un pozzo, panchine in pietra e una grotta. L'ingresso principale, con il pregiato cancello in ferro battuto, si affaccia su piazza Savoia.
Le specie vegetali presenti sono varie e degne di attenzione: alte sequoie, possenti cedri del Libano, eleganti cipressi, abeti rossi, profumati tigli continuano ad avere una funzione non solo ornamentale: sono la testimonianza della cultura, del gusto e dell'arte di coloro che tanti anni fa hanno realizzato questo gioiello.
All'interno del parco è presente un complesso sportivo per praticare tennis, con diversi campi coperti e scoperti, in cui dal 2002 al 2012, ogni anno, veniva organizzato il torneo internazionale femminile di tennis del circuito ITF Women's Tour nominato "Regione Molise" il cui premio in palio è oscillato tra i 10.000 e i 25.000 $; nel 2011 fu vinto dall'italiana Karin Knapp.

Voto alla città:7
Anno della foto:2010, 2019

Viareggio (Italia)



Viareggio è un comune italiano di 62 169 abitanti della provincia di Lucca in Toscana.
Viareggio è conosciuta, oltre per l'attività cantieristica come località di turismo balneare, per la pesca, per la floricultura e per il Carnevale, nato nel 1873.
La città è un attivo centro industriale e artigianale, soprattutto nel campo della cantieristica navale, da tempo conosciuta in tutto il mondo. È altresì nota per la pesca e la floricoltura.
Viareggio è sede di molti premi e manifestazioni tra i quali il Premio letterario Viareggio Répaci, istituito nel 1929, il Premio Viareggio Sport istituito nel 1985 e il Torneo Mondiale Coppa Carnevale di Viareggio, istituito nel 1949.
È inoltre da ricordare il Festival Gaber, in memoria di Giorgio Gaber, al quale partecipano artisti di spicco del panorama musicale italiano
Viareggio è nota anche in ambito storico-religioso, tra le vicende più significative quelle di Sant'Antonio Maria Pucci e di Clelia Merloni.
La città ha perso una parte notevole dei suoi beni storici e artistici durante la Seconda guerra mondiale, a seguito dei pesanti bombardamenti che la colpirono. Nonostante questo in città si possono trovare architetture, monumenti o anche semplici targhe interessanti. Notevoli le architetture libertydecò ed eclettiche di molti edifici. La zona più monumentale e di maggior pregio artistico della città, per qualità e quantità di edifici di interesse architettonico è la Passeggiata e i Viali a mare. Celebre è il Teatro Politeama che si affaccia sul lungomolo.
Nel 1998 fu fondato il "Centro Studi Cultura Eclettica, Liberty, Decò" dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Viareggio per studiare e promuovere questa parte del patrimonio artistico della città.
Molto interessante è il complesso cimiteriale, formato dal cimitero comunale, inaugurato nel 1876, e dal camposanto della Misericordia, la cui prima pietra fu posta nel 1915, che costituisce un vero e proprio museo all'aperto degli scultori e degli storici laboratori del marmo apuo-versiliesi attivi tra Ottocento e Novecento, come quello carrarese di Carlo Nicoli (1843-1915) e quello pietrasantino di Ferdinando Palla (1852-1944). Si segnalano in particolare gli scultori Antonio Bozzano (1858-1939), Giacomo Zilocchi (1862-1943) e Ferruccio De Ranieri (1867-1957) in collaborazione col figlio Lelio (1890-1967). Suggestivo è il viale delle Cappelle Gentilizie con opere dei due maggiori architetti viareggini del Novecento: Goffredo Fantini (1857-1923) e Alfredo Belluomini (1892-1964). Molto conosciuta è la statua tradizionalmente denominata "Bimba che aspetta" (1895) che adorna l'edicola metallica della famiglia Barsanti-Beretta, opera dello scultore carrarese Ferdinando Marchetti, intorno alla quale sono fiorite alcune credenze e leggende tramandatesi per intere generazioni di viareggini.
Il centro storico di Viareggio ha subito perdite molto pesanti a seguito dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale e per scelte urbanistiche fatte nel passato; nonostante ciò esistono ancora alcune tracce del passato più antico della città.
Viareggio ha una notevole estensione di verde pubblico grazie alle sue "Pinete".
Si estende per buona parte della lunghezza della parte nord della città. Fu piantata nel 1747 per difendere la zona dalle intemperie e dai venti che dal mare flagellavano la costa. In realtà i pini sono solo una parte degli alberi presenti in questo parco pubblico. All'interno del parco ci sono attività commerciali e ricreative, piste ciclabili, viali e sentieri pedonali, attrezzature sportive, servizi igienici, tavolinetti per pic-nic. Da vedere il Laghetto dei Cigni. Nel periodo primaverile ed estivo lungo il viale Capponi, il viale pedonale che attraversa la parte centrale della Pineta, vengono organizzati mercatini.
Vasta area verde che va dal quartiere Darsena fino a Torre del Lago Puccini. Fa parte del Parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. L'antropizzazione è minore rispetto alla Pineta di Ponente a causa dei vincoli naturalistici che la tutelano. In questa pineta si trova la Villa Borbone.
Un quartiere con molti spazi verdi è l'ex-Campo d'aviazione; è stata data maggior importanza al verde e nell'urbanizzare i nuovi quartieri sono stati spesso previsti dei parchi pubblici. I quartieri più antichi sono caratterizzati dalle Pinete.
Viareggio si trova a circa 25 km dalle città di Pisa e Lucca e a ridosso di ambienti naturali di notevole valore come le Alpi Apuane (dal 1985parco naturale regionale delle Alpi Apuane), il lago di Massaciuccoli, il parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli e il santuario dei cetacei. Ogni città e paese circostante è degno di nota, nelle località collinari dell'entroterra si trovano incredibili testimonianze storiche come le pievi medievali. Viareggio, infine, dista circa 97 km da Firenze.

Voto alla città:7
Anno della foto:2011

Camporgiano (Italia)



Camporgiano è un comune italiano di 2.132 abitanti della provincia di Lucca in Garfagnana.
Camporgiano è sulla Via del Volto Santo.
Camporgiano è famosa per le sue architetture religiose ma soprattutto per la Fortezza di Castruccio Castracani situata in pieno centro.
Camporgiano è attraversata della strada regionale 445 della Garfagnana, sulla quale sono svolte autocorse in servizio pubblico.
È inoltre presente una fermata ferroviaria che percorrono la ferrovia Lucca-Aulla nell'ambito del contratto di servizio con la Regione Toscana.

Voto alla città:6
Anno della foto:2015